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avea portato purificazione; tanto che, mentre il 30 aprile 1817 aveva scritto al Giordani: Che cosa è in Re-canati di bello?... niente; un solo mese dopo, gli mostrava d'essersi in qualche modo riconciliato con la patria sua, perchè gliene magnificava la bella pronunzia (I, da 56 a 77).
Appena la salute gli rifioriva, Ei si rimetteva al lavoro, progredendo mirabilmente. Ora ripudiava la traduzione del Frontone. E il Giordani gli coltivava la speranza che sarebbe venuto a visitarlo (I, 93-97). E coglieva l'occasione per dirgli, che i preti erano asini in Lombardia, come nella Marca e in tutto il mondo (I, 98). Adesso già davansi più intimamente del Voi. Ma poi l'amico l'avverti, che, fino all'anno venturo, non gli era possibile venire da Lui. Ciò recò a Giacomo gran dolore, perchè temeva di non avere vita cosi lunga, da giungere alla sodisfazione di abbracciarlo.
Il 25 luglio 1817 ringraziò l'Accademia di Scienze ed Arti di Viterbo che lo avea nominato socio corrispondente (I, 85). E questa notizia, che, a prim'aspetto, può sembrare di nessuna importanza, l'acquista subito che si rifletta quanto pochi fossero, a quel tempo, i giusti estimatori del Nostro, e quanto maggiore fosse il merito di coloro, che in Lui onoravano una bella speranza della Patria. TJnicuique suum.
Invano il Giordani l'avea messo da tempo in guardia, che il soverchio studio rintuzza l'ingegno e lo fiacca: distrugge la sanità,,. E di nuovo: l'incessante studio rovina lo stomaco, rovina la testa, cresce la malinconia, scema le forze della mente (III, 83). Chè l'altro replicava: Non vogliate fare della mia vita più capitale che non ne fo io, che ogni giorno lo tengo per guadagnato „ (I, 84). E quando l'amico, di rimando, pregavalo, scongiuravalo a non volersi am-