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sorella d'una ingenuità soavissima, affezionate oltre ogni dire (III, 107).
Intanto il Giordani avevagli spiegato, che l'unica ragionevole speranza di salute all' Italia „ rimaneva nella virtù de' Nobili, che pur disprezzava più di ogni altra canaglia. E riconosciutolo pel vero modello del perfetto scrittore italiano, conchiudeva: Per l'Italia nostra, mio Giacomino, per la vostra sfortunata e cara madre, sappiate vivere „. E gli aveva spedito il suo Panegirico (III, 96), che non giungeva mai a destino (I, 98). Finalmente il Nostro l'ebbe, e s'affrettò a scrivere all'amico come di dono veramente e pel di dentro e pel di fuori splendido e magnifico (I, 99). — Ne ammirava l'abbondanza di riflessioni e di verità utilissime o nuove. L'opera gli parve iella poi per lo stile dignitosissimo e verecondo, e per cento altri pregi (I, 100).
Ora viveva in grande ansietà se l'amico gli tardava a confortarlo. Provava strette di cuore così dolorose, che altre tali non si ricordava di avere mai provate in vita sua (I, 107).
Con tutto l'umor nero, che col male serpeggiavagli nel sangue, meraviglia come potesse tener sempre fisso lo sguardo in un ideale superiore a tutte le miserie di questa terra. Gli è che aveva un animo innocente, forte e, sopra tutto, superiore. E per quanto fosse certo che, facendo bene, n'avrebbe riscosso lode da pochissimi, si tenea sempre per la via retta della virtù; nè le critiche, le maldicenze, le ingiurie, i disprezzi, le ingiuste persecuzioni sarebbero valse a farlo deviare. Gli uomini grandi poi, non che invidiarli, li stimava, li lodava, li amava sinceramente e gagliardamente (I, 110). Confessioni tanto più preziose cotesto, in quanto fatte nelle infelici condizioni in cui si trovava.