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scere di persona e stringere con Lui più intima l'amicizia contratta, non potè non credere ad un miracolo, od allo avverarsi d'un sogno.
Spiegabilissimo poi che il padre, in sua mente limitata, insinuasse il sospetto (che su quelle labbra parve certezza), che in que' cinque brevi giorni di permanenza in casa, il forestiero gli avesse guasto il figlio in fatto di religione, di filosofia e di politica. Vero taumaturgo avrebbe dovuto essere quel Giordani, per operar tanto e così presto!
Questo padre li lasciò soli; e poi attribuì a sua colpa che il figlio si fosse, in que' segreti conversari, riscaldata la fantasia, come destinato ad alte imprese ed a teatro assai più vasto di Recanati (Piergili, Nuovi Doc., LXIV).
Ma l'insistere per provare che questo figliuolo già da tempo avea coscienza di sè e assai precocemente avea concepito queste aspirazioni, sarebbe un fuor d'opera, dopo quello che ho detto innanzi.
Piuttosto fu deplorevole che il conte Monaldo giudicasse, se non scellerato addirittura, per lo meno incauto il Giordani, per aver fomentato, co' suoi discorsi, sentimenti, secondo lui, da biasimarsi (Lettera suddetta del 3 aprile 1820).
Quello che si può asserire, senza esitare, si è, che si parlò fra i due della salute, degli studi, delle speranze italiane. Quanto alla prima, gli raccomandò di risparmiarsi, se non volea rendersi inutile a tutto. Dei secondi approvò l'indirizzo nuovo e lo incoraggiò a proseguire nella bene intrapresa via. Riguardo all'Italia, gli spiegò le dure condizioni, in che era caduta e quale contributo immenso si attendeva dallo smisurato ingegno di Lui.
Oltre questo apprese il Giordani, con vero rammarico, gli ostacoli che si frapponevano all'uscita del-