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I primi bolognesi che scrissero versi italiani
Memorie storico-letterarie e saggi poetici
Salvatore Muzzi
Tipografia di Giulio Speirani e figli, 1863, pagine 51
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suoi insegnasse. Certo è che molti uomini segnalati uscirono allora- dalla Sapienza bolognese, fra i quali il nostro Fabruzzo fu certamente uno de* primi; nè molto da lungi gli tenne dietro il fratello Azzone, canonico della chiesa cattedrale e dottore in Decreti.
Del 1266 perdette il padre, e dopo otto anni la patria; poiché venendo cacciati, come s'è detto, i Lambertazzi e tutti i seguaci che n'aveano preso le parli, Fabruzzo non fu in miglior condizione degli altri, leggendosi il nome di lui in tutti i libri de' banditi, così della prima come della seconda cacciata dei Lambertazzi e de' consorti Ghibellini; a cui forse alludeva esso Fabruzzo con que' suoi versi eptasillabi, che al dir di Dante incominciavano: Lo mio lontano gire ecc. Secondo l'opinione più verosimile pare che Fabruzzo si ritirasse a Perugia, ed ivi uscisse di vita, non trovandosi più memoria nei pubblici libri ch'ei ritornasse alla patria. La sua diinora di ben cinque lustri nella gentile e cordial Perugia, diede luogo alla falsa opinione espressa da qualche scrittore, ch'egli fosse perugino.
Del 1289 e del 93 e del 98 il nostro Fabruzzo ancora vivea; poiché nel primo di questi anni essendo morto in esiglio il fratello di lui Azzone canonico, all'assente poeta ne toccò una parte dell'eredità; nel secondo riscosse dall'Arciprete della Cattedrale una poca somma di cui era questi debitore ad Azzone; e nel terzo trovasi notato il nome di Fabruzzo di Tom-masino fra quelli de' capi fuorusciti di parte Lambertazza che si radunarono in Imola il 30 ottobre dell'anno suddetto, facendo compromesso nelle autorevoli persone di Matteo Visconti e di Alberto della Scala, circa le differenze che avevano colla città di Bologna. E avvegnaché per la sentenza pronùnciata dai due arbitri fosse a molli dei Ghibellini conceduto l'anno appresso di ritornare alla patria, non si ha però nessuna prova