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I primi bolognesi che scrissero versi italiani
Memorie storico-letterarie e saggi poetici
Salvatore Muzzi
Tipografia di Giulio Speirani e figli, 1863, pagine 51

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Ma tempo è di troncare la troppo lunga digressione, recando piuttosto una Ballata d'Onesto bolognese, primo tentativo di versi italiani decasillabi, ridotti già a buona lezione dall'illustre filologo e letterato conte Giulio Perlicari.
   La partenza che fo dolorosa
   E gravosa — da voi, Bel Diporto (1) Per mia fide — più d'altra m'ancide.
   Sì m'ancide il partir doloroso
   Ch'io non oso — sou pur a pensare
   Al dolor, che convienmi portare
   Nel mio cuore di vita pauroso;
   Per lo stato gravoso e dolente
   Lo qual sente. — Com' dunque faraggio?....
   M'ancidraggio — per men disconforto.
   S'io mi dico di dar morte fera Strana gioia non paiavi udire; Ahi nuli'uomo ode il mio languire, La mia pena dogliosa e crudera, Che dispera — lo core nell'alma! Tanta salma (2) — ha di pena e abbondanza, Poi (3) pietanza — a mercé fece torlo.
   Torto fece, e fallì ver me lasso,
   Ch'io trapasso — ogni amante e' leale. Ciascun giorno più cresce, più sale
   (4) Modo provenzale onde il poeta appella la sua donna, e che gli àrcadi poi trasformarono in beli' idol mio.
   (2) Gravezza,
   (5) Poi clic.
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