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I primi bolognesi che scrissero versi italiani
Memorie storico-letterarie e saggi poetici
Salvatore Muzzi
Tipografia di Giulio Speirani e figli, 1863, pagine 51

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   Non è in fortuna — tuttavia (1) lo Faro, E presso a notte viene giorno chiaro.
   Più bello sembra il mare, e più sollazza
   Quand'è in bonazza — che quando è turbato.
   11 vostro aspetto, che '1 mio core allaccia
   Par che a voi piaccia — tener corrucciato:
   Ma non è donna che sia tanto bella,
   Che s'ella — mostra vista torva o fella (2)
   Alfine non disdica.
   Però vi prego, dolce mia nemica,
   Da voi sì muova mercede e pietanza,
   Sì che d'erranza — mi traggiate, o donna,
   Chè di mia vita voi siete colonna.
   Riportata la Canzone del notaio poeta, con quelle note che stimammo indispensabili, ci asteniamo da qualunque altra osservazione, parendoci che chiunque non sia digiuno dello stile è de' modi dei rimatori italiani del primo secolo, valga ad intendere tutta intera la Canzone medesima, la quale è sì ben condotta, che poche altre di quel tempo l'agguagliano; e splende poi di modi sì nobili e leggiadri, che niuno oserebbe tacciar di rozzo e di barbaro quest'ingenuo poeta.
   (4) Sempre; in provenzale tota via.
   (2) Triste, come al penultimo verso della prima strofa.
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