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I primi bolognesi che scrissero versi italiani
Memorie storico-letterarie e saggi poetici
Salvatore Muzzi
Tipografia di Giulio Speirani e figli, 1863, pagine 51

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Ghibeltiui a quelle dei Guelfi. E Guelfo abbia» detto essere stato il Bambaglioli; anzi soggiungiamo come fra* Guelfi andasse egli segnalato, perocché sappiamo che i principali della sua Parte con lui conferivano e a lui dedicavano i loro scritti politici. Infatti nell'insigne Libreria Ravignana di Classe, tra i Testi a penna havvi un Trattato scritto in pergamena da Frate Guido Vernano da Rimini dell'Ordine de' Predicatori, contra il Libro de Monarchia composto già dall'Alighieri : e un. tal Trattato è diretto dall'autore claustrale all'illustre Graziolo da Bologna. Di quest'egregio fece parola ultimamente l'esimio professore Giosuè Carducci, pubblicando nell'edizione diamante del Barbèra le Rime di Cino da Pistoia e d'altri contemporanei, fra le quali alcune sentenze del Bambagiuoli, mettendolo in bella compagnia con Giotto, Benuccio Salimbeni, Bindo Bonichi e Domenico Cavalca, appartenenti pel carattere e la forma dei loro versi agli gnomici, che sono i poeti del secondo periodo d'una civiltà, e che proseguirono le tradizioni e lo stile di quella poesia, che precedè la scuola toscana del 1282, cioè la classica, la stupenda dell'Alighieri.
   E tanto basti dei primi bolognesi che scrissero versi italiani.
   CONCLUSIONE
   Avendo recato le notizie dei nove bolognesi che dettarono volgari poesie nel primo secolo dell'italiana favella e nel principio dell'altro, non abbiamo inteso di far parola de'principali poeti della Penisola, ma d'antichi rimatori che recarono, e non indarno! la loro pietra per innalzar d'edificio dell'italiana letteratura: di quella letteratura che andava già per le bocche dei dotti ma non era ancora in iscritto raccolta, e che aveva mestieri d'iniziatori per ispandersi fra le genti e potersi rendere universale. Tali iniziatori furono i Siciliani, i Romagnoli
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