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del Carnevale di quest'anno agli altri due testimoni Antonio Biagini e Niccolò Coramboni.
Se non che ad essi narrava le cose con maggior dettaglio, aggiungendo che fra gli assalitori riconobbe anche il Fraschi;— che neirallontanarsi di là Sgarallino diè una occhiata minacciosa quasi per imporgli silenzio; — che aveva sentito esclamare a due ragazzi, più vicini di lui al punto della strage; —è Piva è Piva/ — soprannome del Dodoli; — e che questi gli impose con lo sguardo di tacere; — che fin da principio aveva osservato che il Baccellino, nomignolo del Barcaiolo Francesco Schiaffini, era ad attendere il Generale ed aveva messi nella barca diversi effetti del medesimo; — che egli per non palesare i colpevoli si era appreso a fare lo scemo; — che il suo garzone Angelo Rosellini, sebbene presente al fatto, erasi gettato alla negativa.
E soggiungevagli finalmente che il Dodoli, di cui era amico, temendo che il cuoco delle guardie del drappello marittimo, Giuseppe Bondi, avesse veduto e rivelato dei fatti alla giustizia, lo. aveva incaricato di scoprire qualche cosa dalla moglie di lui.
Giuseppe De Martino di Palermo nel Luglio 1869 tro-vavasi nelle carceri delle Murate di Firenze a scontare una certa pena, quando gli venne associato il livornese Ernesto Camaiti, che aveva conosciuto in Capua come ufficiale istruttore nella Divisione Calabrese, mentre egli De Martino era colonnello nel corpo del Genio Garibaldino.
Fra i varii discorsi e confidenze fattegli dal Camaiti fuwi anche quella relativa all'omicidio Inghirami, ed all'attentato alla vita del Generale De Crennewille.
Dissegli in sostanza che ei si era trovato presente al. fatto, e che lo Sgarallino', il Dodoli, il Fraschi, il Ciucci ed altri, che il De Martino non ricorda, erano stati li autori della strage.
Or bene: — Il Morelli citato regolarmente a comparire in giustizia si rese renitente, ma trattovi dalla pubblica forza, fece la sua deposizione.
Non impugnò di conoscere il Gamalossi, il Biagini ed
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