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fatto non avrebbero mai deposto nulla neppure con la ricompensa di qualunque somma, ed a costo di qualunque castigo perchè sarebbero stati sicuri di essere o prima o poi ammazzati dalla Società Sgarallino, essendo troppo noto che essa era il terrore di Livorno.
Ed infatti lo Sgarallino è così certo di essersi imposto alla Città, e di non potervi essere testimone che denunzi i suoi falli, che in una certa occasione gli venne fatto di dire ai due RR. Carabinieri Rossi Alfredo e Barbieri Giovanni, che egli era innocente, ma che comunque la giustizia non avrebbe mai trovato alcuno che lo accusasse.
Se vogliasi ricercare una conferma delle cose riferite dal Monconi intorno alla renitenza dei testimoni a deporre la verità in giustizia, oltre alla stessa confessione dello Sgarallino, si ha luminosa nei due seguenti fatti, e cioè;
1.° Nel brutale omicidio di Alfredo Coscetti avvenuto in Livorno nella sera del 28 Novembre 1867, ove un provetto e benestante popolano del Quartiere della Venezia per nome Luigi Bois preferì piuttosto di subire non breve carcerazione, anziché palesare gli autori del misfatto da lui presenziato, e sebbene nel passare in compagnia del Coscetti dal Ponte lungo, li avesse salutati, e non potesse a meno di averli anche conosciuti.
2. Nell'aggressione patita da Stefano Quilici in una pubblica via di Livorno per opera di quattro sconosciuti nella notte dei 20 al 21 Dicembre 1868. Pochi giorni avanti il Quilici aveva avuta questione coli' imputato Sgarallino, e non dubitò di esclamare subito dopo l'aggressione, che i suoi assalitori erano i mandatari di Sgarallino; — ma quando la giustizia volle occuparsi di ciò, il Quilici cambiò, e modificò le sue prime conquestioni, conforme resulta dagli atti che sono inseriti in processo.