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il risorgimento.
insorta, proclama la repubblica; Bologna, cacciato il legato, restaura il governo popolare; Imola passa sotto la signoria degli Alidosi ; Camerino e Macerata sotto quella dei Varano. Il vescovo di Ostia, per deludere le mire di Astorre Manfredi, figlio di Giovanni già privato della Signoria dall'Albornoz, — chiama in Faenza le schiere dell' Acuto che la saccheggiano, la mettono a sangue e la vendono al marchese di Ferrara. Ma indi a poco Astorre Manfredi, col soccorso di Milano e di yenezia, entra vittorioso in Faenza. Delle città della Chiesa quale si vendica in libertà, quale si assoggetta a nuovo padrone, pur di sfuggire al giogo aborrito del Pontefice.
La guerra di Firenze contro il pontefice non ha termine che colla morte di Gregorio XI nel 1378. « Fu, dice il Macchiavelli, con tanta virtù e soddisfazione dell'universale amministrata, che agli otto fu ogni anno prorogato il magistrato: ed erano chiamati Santi, ancorcli'eglino avessero stimato poco le censure, e le chiese dei beni loro spogliate, e sfoizato il clero a celebrare gli uffizi: tanto quei cittadini stimarono allora più la patria che l'anima » (1).
La potenza temporale della chiesa così fieramente minacciata in Italia, più forse che le esortazioni di S. Brigida e di Santa Caterina da Siena, induceva intanto Gregorio XI a restituire la Sedia pontificia in Roma. Lo precedette in Italia il cardinale Roberto di Ginevra a capo di un esercito raccogliticcio di Brettoni allo scopo di soffocare la ribellione e risottomettere le città all'ubbidienza della chiesa.
L'esercito pontificio, appena calato in Italia, apre la guerra assalendo Bologna: soccorsa dai fiorentini e da Barnabò Visconti, Bologna resiste, e i Brettoni scorrazzano per alcuni mesi nel suo territorio commettendovi infinite crudeltà.
Respinto da Bologna, nel febbraio del 1377, il cardinale di Ginevra assale la repubblica di Cesena. « Sterminateli tutti », die* egli all' Acuto ; e perchè questi esitava a tanta atrocità, « Voglio del sangue, gli ripete, del sangue> capite » E l'Acuto ubbidì. Quattro mila cittadini perirono, ottomila fuggirono, e limosinando si ridussero a Cervia ed a Rimini; Cesena, ingombra di cadaveri, rimase deserta. « I popoli, soggiunge qui un cronista, non volevano quasi più credere nè al Papa, nè ai cardinali, chè erano cose da escire di fede (2).
Le ribellioni furono soffocate nel sangue, le armi vittoriose dei mercenari stranieri apersero a Gregorio XI, le porte di Roma, la Chiesa prese posto Ira le signorie dei Visconti, degli Scaligeri, dei Carrara, degli Estensi. Ma a qual prezzo! in mezzo a quanta decadenza ed a quanto dispregio della sua potenza spirituale!
Guelfi e ghibellini, Firenze ed i Visconti, stretti in lega contro il Papato ; le città della chissà intolleranti del suo giogo e piene dei segni della sua ferocia; le imprecazioni delle vittime di Faenza e di Cesena, miste al disprezzo della persona stessa del Pontefice (3), tali erano gli auspici sotto cui i Papi tornavano a Roma dopo settant'anni da che l'avevano abbandonata.
Aggiungiamo a tutto ciò la perniciosa influenza esercitata sul sentimento religioso dal disordine morale che sconvolgeva la chiesa.
Sono troppo note le invettive del Petrarca contro la corruzione della Corte di Avignone per doverle ripetere qui (4). Mentre gì' Italiani serbavano per essa le odiose qualificazioni di nuova Babilonia, di scandalo dell'Universo, di obbrobrio della Chiesa, i cronisti e gli storici francesi si lagnavano che avesse alterato la semplicità
(1) Stor. fior. lib. III.
(2) Sismondi. Repub. Italiane. — J. Ferrari. Révol. d'Italie.
(3) Che cosa pensassero di Gregorio XI i suoi contemporanei, appare da una canzone di Franco Sacchetti a Gregorio XI. Nelle Rime di Cino da Pistoja e d'altri del secolo XIV. Firenze, Barbèra.
(4) Vedi specialmente i Sonetti che cominciano:
Fiamma del ciel sulle tue traccie piova.....
L'avara Babilonia ha colmo il sacco.....
Fontana di dolore, albergo d'ira.....