12
Il risorgimento.
I membri del Gran Consiglio designarono essi stessi i tribuni die dovevano annualmente eleggerli, e s'arrogarono il diritto di approvare o rifiutare i loro successori innanzi di cessare le loro funzioni. Per questi cangiamenti l'elezione annuale diventò una formalità illusoria : gli stessi membri vennero ordinariamente rieletti, e la dignità di consigliere cominciò a trasmettersi ai membr delle stesse famiglie. Finalmente nel 1297 avvenne la Serrata del Maggior Consiglio: con questo atto T aristocrazia veneta assicurò per sempre la propria supremazia nella repubblica. Essa tolse ai tribuni il diritto di elezione trasferendolo nella Quarantia, assemblea dipendente dal Gran Consiglio; sottopose i membri che allora vi siedevano ad una votazione, e quelli che ottennero dodici voti su quaranta conservarono il loro posto; stabilì che in seguito nessuno potesse venire eletto al Gran Consiglio ove non discendesse da parenti che vi avevano già seduto o se non fosse già stato consigliere.
Pochi anni dopo, anche quel vano simulacro di diritto elettorale che risiedeva nella Quarantia fu tolto. Abolita ogni sorta di elezione, i discendenti d'un consigliere, a venticinque anni, sedettero per diritto nel Gran Consiglio.
Nello stesso tempo si limitavano le autorità e le prerogative del Doge, magistrato supremo nelle cui mani era raccolto il potere della repubblica. Anche prima che seguissero le accennate mutazioni, l'amministrazione della giustizia era stata deferita ad un Consiglio di 40 membri annualmente eletti dal Gran Consiglio. Fu stabilito che il Doge, invece di nominare egli stesso i consiglieri (pregarti) uniti a lui nel potere esecutivo della repubblica, dovesse presiedere un'assemblea eletta dal Gran Consiglio. Questo corpo, che fu in processo di tempo investito di tutto il potere dello Stato, costituì il Senato. Da esso uscì la Signoria veneta, costituita dal Doge e da sei consiglieri, esecutrice degli ordini del potere legislativo, incaricata delle istruzioni agli ambasciatori, di trattare colle potenze straniere, di convocare e presiedere i consigli. La Signoria poi esercitava parte delle sue funzioni unitamente ad un Collegio in cui siedevano altri consiglieri presi da diversi corpi dello stato.
Le cure impiegate per limitare sempre più l'autorità del Doge, cangiarono questa suprema dignità della repubblica in una pesante servitù: toltogli il comando delle forze di terra e di mare, esclusi i suoi figli da ogni ufficio dello Stato, circondato da consiglieri d'innanzi ai quali doveva corrispondere cogli ambasciatori delle potenze straniere ed aprire i dispacci, sorvegliato continuamente in vita, sottoposto a sindacato dopo morte, il doge del potere non riteneva più che le vane apparenze.
Nulla di più grande dell'abilità politica spiegata dall'aristocrazia veneta nello stabilire ed assodare la sua potenza, nulla di più fermo e severo nel mantenerla.
Sul principio del secolo XIV il malcontento prodotto dalla Serrata del Maggior Consiglio, si manifestò in moti diretti a restaurare la democrazia. Nel 1309 Boe-mondo Tiepolo, di concerto col popolo e coi gentiluomini esclusi dal Consiglio, tentò di ricondurre il governo agli antichi ordini popolari. L'aristocrazia rispose a questo tentativo creando il Consiglio dei Dieci. Mente senza cuore, incaricata della sicurezza e tranquillità della Repubblica, questo Consiglio assunse in breve una tremenda autorità sovrana e dittatoriale sul popolo, sul Senato, sul Doge, sul Gran Consiglio stesso (1).
Nel 1355 il doge Marin Faliero, offeso dai nobili, cospira contro il governo aristocratico, ed il Consiglio dei Dieci manda a morte i congiurati e il doge stesso vecchio di 76 anni, scrivendo nella sala del Gran Consiglio al luogo del suo ritratto: Sito di Marino Faliero decapitato pe' suoi delitti.
Poiché l'aristocrazia veneta ebbe così elevata la propria potenza sulle rovine d'ogni libertà popolare, impiegò tutti i mezzi, tutte le risorse d'un immenso inge-
(1) Dai Dieci erano scelti gl'Inquisitori di Stato, che componevano il Consiglio dei Tre,