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il risorgimento.
al re di Francia (139f>). Nel trattato concluso con quest'ultimo, vennero bensì garantite le libertà della repubblica di Genova, ma una guarnigione francese si piantò nell'interno di essa. . . .
Negli ultimi anni del secolo XIV anche la repubblica di Firenze entrava nell'ultima fase dei suo sviluppo.
Poiché la sconfitta di Corradino a Tagliacozzo ebbe fiaccata la potenza dei Ghibellini e distrutte tutte le loro speranze, i Guelfi vittoriosi cacciarono gli avversarli da Firenze, riordinarono la costituzione dello s^ato e dominarono soli.
Cominciò allora un periodo nuovo nella storia della repubblica fiorentina.
I Guelfi si divisero in nobili o grandi, e in popolani. Da un lato una classe di cittadini, potente per le ricchezze accumulate e per le sue vaste relazioni commerciali, costituì una nuova aristocrazia non meno esclusiva della feudale, che aspirò a dominare nella repubblica; dall'altro la classe democratica combattè fieramente queste aspirazioni, tentando di far scomparire persino il nome dei Grandi : la lotta tra Guelfi e Ghibellini si tramutò in lotta di classi sociali che si contesero il predominio nello Stato.
Dopo molte e grandi contese, i popolani trionfarono, e rifecero la costituzione dello Stato sopra basi democratiche (1282). Ma questa non bastando a resistere agli oltraggi e alle violenze dei Grandi, essi vi supplirono nel 1-95 cogli Ordinamenti di giustizia di Giano della Bella, che assicurarono per sempre il trionfo della democrazia fiorentina. I nobili, dichiarati ineleggibili, furono esclusi dalla Signoria; se un d'essi commetteva un delitto, la famiglia del reo era responsabile e passibile d'una pena di tremila lire; la fama pubblica bastava a giudicarli e condannarli ; per aver parte al governo dovevano rinunciare alla loro nobiltà e farsi inscrivere nel registro delle Arti; se commettevano un delitto erano esclusi dalla cittadinanza e rimessi fra i nobili. Questi, per il corso di più che mezzo secolo, fecero ogni sforzo onde rientrare nel governo dello Stato, ma non poterono mai abbattere un avversario che, ormai troppo forte e fiero del sua trionfo, faceva un monopolio esclusivo di tutte le cariche della repubblica. Dopo la cacciata del Duca d'Atene (1313), i Grandi, che avevano molto contribuito nel liberare Firenze da quell'odioso tiranno, riuscirono ad ottenere alcune magistrature nel Governo, ma ne furono subito violentemente privati dai popolani, i quali confermarono con nuove leggi le esclusioni degli ordinamenti di Giustizia. « Questa rovina dei nobili, dice il Macchiavelli, fu sì grande ed in modo afflisse la parte loro che mai più contro il popolo a pigliar l'arrni si ardirono, anzi continuamente più umani ed abbietti diventarono » (1).
Se non che i popolani dovevano essi pure trovarsi un giorno di fronte ad un tremendo nemico.
Dopo il trionfo della democrazia cogli Ordinamenti di giustizia, si venne a poco a poco formando un partito composto dalle famiglie che dominando da lungo tempo nella repubblica ed occupandovi le più alte magistrature, avevano acquistata una potenza quasi ereditaria. Erano ricchi mercanti, banchieri, uomini di legge, notai, medici, farmacisti, e si chiamavano i popolani grassi. Questi stettero uniti agli uomini delle Arti minori finché si trattò di combattere i Grandi, ma si trovarono nemici e divisi fra loro subito dopo il trionfo; talché verso la metà del secolo XIV, domata la potenza dei nobili, alle lotte fra questi ed i popolani, succedettero quelle fra il popolo grasso ed il popolo magro.
Nel 1353 le inimicizie scoppiarono rappresentate dalle due fazioni degli Albizzi, capi dei popolani grandi, e dei Ricci, a cui s'univano i Medici, capi di parte democratica. Gli Albizzi formarono una specie di oligarchia che dominò per qualche tempo la repubblica con leggi dettate dall'odio e dalla violenza.
Ma nel giugno 1378, Salvestro dei Medici, fatto Gonfaloniere di giustizia, col favore del popolo e di molte illustri famiglie di parte democratica, chiamò all'armi
(1) Stor. tìor. lib. II.