capitolo primo. — condizioni del pensiero italiano, ecc. 15
le arti minori e suscitò un violento tumulto nella città. Il popolo in arme corse le vie di Firenze, arse, saccheggiò le case dei partigiani degli Albizzi, mentre nel palazzo della Signoria si annullavano le loro leggi e si accettavano quelle dei Medici e del partito popolare.
La rivoluzione democratica si estendeva rapidamente, e non era più in potere dei suoi promotori d'arrestarne il movimento.
Pochi giorni dopo questi fatti, scoppiò il tumulto dei Ciompi.
Al di sotto delle Arti minori viveva in Firenze una classe immensa di persone formata da tessitori, tintori, pettinatori di lana, operai e semplici giornalieri appartenenti a varii generi d'industria, i quali, non costituiti in corporazioni, non compresi nella gerarchia industriale delle vent' una arti, erano non solo esclusi dal governo dello Stato, ma oppressi dai commerciali ed industriali da cui dovevano dipendere.
Questi erano gli uomini che si chiamavano i Ciompi.
Nel luglio 1378 al grido di « Viva la libertà e i piccoli mestieri ! » in numero di più che seimila, essi insorsero, si precipitarono per le vie della città, ardendo le case di molti cittadini e fieramente perseguitando i loro avversarli. Per tre giorni Firenze fu in loro balìa. Chiedevano che si formassero tre nuove corporazioni d'arti, una per i cardatori e tintori, l'altra per i barbieri, farsettai, sarti e simili arti meccaniche, la terza per il popolo minuto; che due signori si prendessero da queste tre arti nuovamente create; che la Signoria provvedesse alle case dove queste potessero convenire, e fra molte altre cose, che i loro nemici fossero ammoniti e confinati.
Non ottenendo subito la sanzione di quanto domandavano, i Ciompi entrarono nel palazzo della Signoria, costrinsero i Priori ad uscirne, ed acclamarono Gonfaloniere di giustizia Michele di Landò, un pettinatore di lana lacero e scalzo. Michele scelse i Priori dalle Arti maggiori, dalle minori e da quelle formate di recente, restituendo alla città l'ordine e la calma.
Ma il trionfo dei Ciompi fu effimero. Malcontenti della poca parte lor fatta nella distribuzione delle magistrature, essi accusarono di tradimento il Gonfaloniere e si ammutinarono; Michele di Landò li disperse colla forza.
Intanto i partiti vinti, riavutisi dalla sorpresa, il 1° di settembre, mentre i nuovi signori prendevano il magistrato, si radunarono in piazza della Signoria gridando : « Abbasso i Ciompi ! »
In breve i Priori scelti dall'arti nuove furono esclusi dalla Signoria; delle nuove corporazioni non sussisterono che le due dei tintori e dei sarti, e le magistrature si divisero in parti uguali fra le sette Arti maggiori e le sedici minori.
Il tumulto dei Ciompi non profittò che al partito delle Arti minori ed alle famiglie che avevano promossa e diretta la rivoluzione democratica. — Salvestro dei Medici, Benedetto Alberti, Tomaso Strozzi, Giorgio Scali, alla testa del partito democratico, dispersero gli ultimi avanzi dei Ciompi, si volsero contro i popolani grandi vendicandosi cogli esigli e colle ammende dei loro antichi nemici. Piero degli Albizzi ed altri aderenti suoi, accusati di cospirazione per mutare lo Stato, furono mandati al supplizio.
Ma dopo tre anni di vendette prevalse nuovamente il partito dei popolani grandi (1382). Sì abolirono le due nuove corporazioni create in favore dei piccoli mestieri; le Arti minori, invece della metà, non conservarono più che il terzo delle magistrature; gli uomini che avevano favorito la rivoluzione democratica, furono esigliati ; Michele Landò, cacciato da Firenze, moriva in Chioggia; Benedetto Alberti, molti delle famiglie dei Medici e dei Ricci dovettero abbandonare la repubblica.
Nei cinquantanni che durò il predominio degii Albizzi, le libertà fiorentine decaddero rapidamente. Nel 1393, in seguito ad un movimento parziale della democrazia, l'autorità sovrana fu temporaneamente delegata ad un certo numero di cittadini (balla), i quali durante la loro dittatura nominavano alle magistrature e bandivano gli individui sospetti.