capitolo primo. — condizioni del pensiero italiano, ecc. 19
Tra i cangiamenti religiosi e politici che segnalarono quest'epoca, snll'orizzonte del pensiero italiano apparve più splendido V ideale di Roma antica, più vivo rinacque in petto l'amore per quella età di forza e di grandezza. Ond'è che allora, più che per lo passato, si cercarono le opere e gli avanzi dei latini, e vi si spese attorno una grande attività, quasi si volesse vivificare quel mondo spento per ritemprarvi l'anima stanca di quella lotta vorticosa d'idee e di sentimenti.
Non s'aspetta a noi il dire quanta parte abbiano avuto il Petrarca ed il Boccaccio in questo ravvivamento dell'antichità latina, nè come ne trasfondessero lo spirito nei loro scritti. Basti il notare che le ricerche e le opere di questi due grandi accesero fra i loro contemporanei un amore vivissimo per gli scrittori del Lazio, e prepararono la rinascenza della coltura latina. Poco dopo la loro morte, questi studii diventarono la passione dominante delle classi colte italiane. Si cercarono dovunque manoscritti, si studiarono, si commentarono, concentrando in questo lavoro tutta 1' operosità dello spirito.
Già sin dai tempi del Petrarca e del Boccaccio, Firenze si distingueva per lo zelo con cui i suoi cittadini coltivavano e proteggevano gli studii dell' antichità. I latinisti più valenti dell'epoca, lautamente pagati dall'Erario del Comune, erano chiamati a dar pubbliche lezioni nello studio ivi da poco tempo fondato : il Petrarca stesso vi era stato, benché inutilmente, invitato.
Nel 1397 noi vi troviamo un amico e discepolo suo, dalla cui scuola uscirono molti dei latinisti del secolo XV, vogliamo dire Giovanni Malpaghino, più comunemente noto sotto il nome di Giovami» da Ravenna, sua città nativa. Vissuto per quindici anni in amicizia intima col Petrarca, sotto la sua direzione egli aveva continuato e compiuto gli studii già cominciati in Venezia. Dopo la morte del suo grande maestro ed amico (1374), tenne per alcun tempo cattedra di rettorica in Padova, e finalmente nel 1397 fu chiamato ad assumere 1'ufficio di pubblico insegnante nello studio fiorentino.
Gli storici affermano clie Giovanni da Ravenna fu tra i primi a rivelare le severe armonie e la venustà della lingua antica di Roma. Pel corso di quindici anni egli insegnò nello studio fiorentino, e dalla sua scuola uscirono : Poggio Bracciolini, Leonardo Bruni, Palla Strozzi, Paolo Vergerio il vecchio, Ambrogio Traversari, Francesco Barbaro ed altri.
Siili' aprirsi del secolo XV 1' ardore per gli studii latini era a tal segno cresciuto che ormai non si parlava d' altro che dei poeti, degli oratori, degli storici del Lazio, non si agitavano quistioni, non s'insegnava o scriveva, senza che ci entrassero i poeti, gli storici, gli oratori dell'antica Roma; appunto come in epoca a noi più vicina, nel secolo XVIII, non si poteva parlare o scrivere di cosa alcuna che non c' entrasse lo stato di natura. Lo spirito del Lazio antico s'era impadronito delle menti; la letteratura italiana trascinava una stentata esistenza di rimembranze e di imitazioni ; la lingua di Dante, la parola della nuova civiltà latina, si trascurava affatto e imbarbariva, oppure doveva subire le forine e 1' andamento della lingua antica di Roma.
Questo incremento della coltura latina ed insieme questo abbandono delle idee e dei sentimenti che avevano nudrito la letteratura italiana del trecento, appaiono sensibilissimi in Coluccio Salutati, uno scrittore che dopo la morte di Petrarca e Boccaccio ebbe fama grandissima in Italia.
Nicola Salutati nacque a Stignano in Val di Nievole nel 1330. Esule insieme col padre dalla Toscana, studiò giurisprudenza nell' università di Bologna, applicandosi in pari tempo e con molto ardore (dicono senza 1' aiuto di maestri sul principio) allo studio dei classici latini. Venuto in fama di molta dottrina ed onestà, o, come si diceva nelle iperboli d'allora, di fenice d'ogni virtù e d'ogni buon costume, egli fu dappi'ima creato cancelliere del Comune di Perugia, poi segretario apostolico nel 13U8, e finalmente nel 1375 assunse l'ufficio di Cancelliere del a Signoria di Firenze.
Il Salutati tenne il suo ufficio in una delle epoche più tempestose della repubblica fiorentina. Vide le gare degli Alb.zzi e det Ricci, le guerre coi Visconti e col Pontefice, il Tumulto dei Ciompi, il predominare di casa Medici, e i primi segni della