CAPITOLO PRIMO. — CONDIZIONI DEL PENSIERO ITALIANO, ECC. 25
Ci sia permesso di accennar brevemente alla nuova tendenza manifestatasi nello sviluppo del pensiero italiano.
Fu molte volte e da molti osservato che l'ideale del pensiero antico, quale s' incarnò nell' Ellenismo, non usciva dai limiti della vita terrena. La religione era
10 stato, la famiglia, l'arte, l'umanità, la vita indiata, trasportata in un mondo dove tutto assumeva la più alta e profonda espressione poetica. La morale consacrava la natura umana colle sue perfezioni ed imperfezioni; l'ideale dell arte era ancora la natura nobilitata, il reale elevato al più alto grado di perfezione. Si ha torto, scrive in qualche luogo de'suoi «Studii di storia religiosa», il Renan, si ha torto di muovere all'antichità il rimprovero di materialismo; l'antichità non è nè materialista nò spiritualista, essa è umana. Soltanto quella vita così placida, così serena, cosi graziosa, così armonica in ogni sua parte, nei limiti in cui era ristretta, lasciava poco adito aperto alle aspirazioni del cuore umano verso l'infinito.
Ma la rivelazione cristiana, facendo sorgere vivo e predominante nella coscienza dell'uomo il sentimento dell'infinito, pose l'ideale della vita fuori della vita, e ruppe l'equilibrio esistente fra il pensiero e la realtà. Un' anima nuova, un'anima agitata e sofferente sostituivasi a queir anima greca che riposava placidamente lo sguardo sopra un mondo di esseri perfetti usciti dal proprio seno. E in sul primo entrare in questo nuovo stato psicologico, furono solitarie aspirazioni e delirii di coscienze affannate, che strette dai vincoli della materia e nel desiderio non mai soddisfatto dell'infinito, maledirono alla natura, alla vita, alla società. Legioni di martiri uscirono con entusiasmo dal mondo, una folla d' asceti trovò nel sagrificio gioie fin allora ignorate ; gli uomini avrebbero voluto confondersi e vanire nell'infinito, oggetto delle loro adorazioni.
Mai rivoluzione ebbe più profondamente scossa e mutata la coscienza dell'uomo, mai rivoluzione fu più ricca di ammirande e benefiche conquiste. La religione, la scienza, 1' arte, la famiglia, lo stato, cangiarono il loro ideale. Il mondo antico rovinava da ogni banda, e in quella impetuosa ebbrezza dell' infinito, proscritta la vita naturale e le speranze terrestri, gli uomini eressero a modello i languori dell'illuminato e l'ubbidienza del monaco. La teocrazia, la teologia, il misticismo furono le manifestazioni diverse di un sentimento unico che si versò in tutti i rivoli dell' umana attività. Ma dopo molti secoli questa riprovazione della natura e della vita finalmente cessò. — A misura che usciamo dal Medio Evo ci si fa palese lo sforzo della società laica di sottrarsi alla teocrazia e mantenersi libera; vediamo risorgere le industrie, i commerci, la coltura, tutte le manifestazioni dell'umana attività, il cuore degli uomini aprirsi agli affetti ed alle speranze della terra, e il cristianesimo riconsacrare la vita e le sue manifestazioni. Questa evoluzione in niun luogo appare meglio che in Italia, e Dante è l'uomo che in sè riassume ed esprime l'armonia fra
11 cielo e la terra, fra il divino e l'umano, qual fu sentita da un'età.
Ma ogni cosa rapidamente cangiava in Italia ; ad una generazione piena di fede e di ardimenti, ne succedeva un' altra animata da uno spirito nuovo. Vennero i tempi che segnano la fine del decimoquarto secolo, in cui mancata ogni fede religiosa e politica, mancati i grandi fini per cui le coscienze s' erano tanto appassionate, l'uomo italiano si chiuse nella propria egoistica individualità, e non ebbe più altri motivi -d' agire che gì' interessi materiali. Ricco, e colto, cercò le delizie del senso e dell'intelligenza; scettico, là dove il Medio Evo aveva vista la mano arcana dell'Onnipotente guidare provvidenzialmente i destini delle società umane, egli non scórse più che l'uomo ed il giuoco capriccioso delle sue passioni; cessato ogni bisogno di intuizioni superiori, egli non volle e non onorò se non ciò che letifica la vita. Intanto riapparve d mondo antico, e non appena le idee di Grecia e di Roma poterono rivivere, esse trovarono un' eco nelle tendenze delle classi colte italiane. I dotti del cadere del secolo XIV (a cui non a torto si diede il nome di umanisti), innamorati degli antichi, cominciarono insieme cogli antichi a non cercare e a non onorare se non ciò che è umano ed appartiene alla coltura umana.
Mentre da un lato l'industria dei letterati schiudeva al pensiero italiano il Invernizzi. — Il Risorgimento. 4