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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   IL RISORGIMENTO.
   litica lo lanciarono in mezzo alle vicende ed alle lotte della vita reale, ofirendogii occasione di viaggiare per diverse città d'Italia.
   I molti uffici a cui fu chiamato dal governo della repubblica fiorentina e da quello d' altre città italiane, ci dicono abbastanza chiaro quanta fosse la stima in che erano tenute dentro e fuori di Firenze la rettitudine e 1' onestà del suo carattere.
   Nel 1376 il cardinale Legato di Bologna fa improvvisamente invadere il territorio della repubblica fiorentina dalle masnade dell' Acuto, che teneva al proprio soldo. Firenze trattiene con danaro il condottiero, e promove la ribellione delle città soggette al dominio della Chiesa. In questa occasione Franco Sacchetti fu spedito quale ambasciatore della repubblica fiorentina presso varie città della Romagna onde farle entrare nella Lega contro il Pontefice.
   Le crudeltà commesse dai mercenarii del cardinale Legato nelle Romagne durante la guerra, sollevarono un grido universale d'indignazione contro la persona stessa del Papa: il Sacchetti se ne fece interprete, e scrisse quella canzone intitolata a Gregorio XI che noi abbiamo citato più sopra.
   Appena finita la guerra col Pontefice, scoppia in Firenze il Tumulto dei Ciompi. I dati che abbiamo sono troppo vaghi e scarsi per autorizzarci a formulare un giudizio preciso sulla condotta politica tenuta dal Sacchetti durante questa 'evoluzione Tuttavia da un cenno lasciatoci dall' Ammirato nelle sue storie., e citato da tutti . biografi del Sacchetti, apparisce com'egli in quelle tremende agitazioni politiche, si fosse guadagnato il rispetto di tutti i partiti. Difatti nel 1379, quando il partito democratico trionfava, Giannozzo Sacchetti, fratello del nostro poeta, fu dichiarato ribelle, e come tale decapitato. L'anno appresso un decreto della repubblica stabiliva non ammissibili per dieci anni tra i priori, i padri, i fratelli, i figli di coloro eh' erano stati dichiarati ribelli. Or bene, l'Ammirato dice che questo stesso decreto faceva eccezione del solo Franco Sacchetti per essere tenuto uomo buono.
   Nel 1383 poi troviamo il Sacchetti tra i priori della repubblica, e in quest' epoca già preponderava il partito dei grandi borghesi.
   Due anni dopo, nel 1385, egli fu chiamato podestà a Bibbiena dove rimase fino al 92: pare che in questo frattempo egli componesse le sue « Novelle. » Da Bibbiena passò dapprima podestà a San Miniato, quindi a Faenza chiamatovi da Astorre Manfredi.
   Finalmente, reduce a Firenze, il Comune lo nominò capitano generale della provincia fiorentina, quando Gian Galeazzo Visconti, già signore di molta parte d' Italia, volgeva le sue armi contro la repubblica.
   Dopo quest'epoca non abbiamo notizia di altri ufici politici sostenuti dal Sacchetti.
   II quale alla rettitudine ed onestà del carattere, ad un sapere acquistato nell'azione, sul campo della realtà più che dallo studio dei libri, univa uno spirito vivace e spontaneamente allegro. In più d'un luogo de'suoi scritti, tra i sorrisi e gli scherzi fatti per confortare, com'egli diceva, l'umana vita, senti l'uomo che ragiona con semplice gravità delle cose umane, e move sinceri lamenti sui vizii ed i corrotti costumi del suo tempo.
   Il Sacchetti non ebbe le viste larghe, profonde, ancora avvolte nella misticità degli uomini del trecento; quegli uomini scomparivano ad uno ad uno dalla scena del mondo, nè la nuova età era adatta a crearne dei simili. Bensì comprese di vivere in una epoca di decadenza. Le istituzioni religiose e politiche, le costumanze, le idee, la letteratura si trasformavano agitate da una forza che il Sacchetti nemmeno sospettò. Confrontando il passato col presente, il suo pensiero fu preso da una tristezza indefinibile , il buio dell'avvenire non fu rotto per lui che da raggi debolissimi di speranza.
   Mentre egli era ancora nel fiore dell'età, vide mancarsi d'intorno gli uomini più illustri del suo tempo, come il Petrarca (1384) ed il Boccaccio (1375), i due che empievano l'Italia di fama e di speranza. Il Sacchetti deplorò ne'suoi versi queste perdite irreparabili, e nella canzone in morte del Certaldese ci lasciò collo scon-orto dell'animo suo quasi il lamento d'un'età che muore.