CAPITOLO PRIMO. — CONDIZIONI DEL PENSIERO ITALIANO, ECC. 47
questo prolungarsi a cento canti, ma trovandosi vecchio nel 1375 1' abbandonò al novantesimo,
....... contento
Perch'io la veggio (Firenze) riposata in pace E veggiole recato al suo mulino Di molte terre, onde molto mi piace.
E veggio Pisa con Firenze in gioia
E Lucca in libertade; laond'io
Poco mi curo ornai perch'io mi muoia
Poi che acquistato ha tanto al tempo mio (1).
Oltre alle rime qui menzionate rimangono del Pucci anche dei sonetti. Come manifestazione dei sentimenti del popolo fiorentino sulla vita monacale del secolo quattordicesimo, ne citiamo i seguenti brani. Il Pucci dice dei frati minori dell'ordine di s. Francesco:
Vera cosa è che non toccan danari E 'nsaccherebbon con le cinque dita, Ed hanno letti e mensa sì fornita Che fra li paltonieri han pochi pari. Vera cosa è che non portan calzari, Dell'altre cose hanno buona partita. Non fe'così messer santo Francesco, Quando alla Yernia stava in orazione; Ma fe' d'un sasso letto panca e desco. E tanto contemplò la passione Di Gesù Cristo, che vide di fresco Le cinque piaghe con gran compassione:
E non fu sua intenzione Quando dapprima cominciò il convento, Che il paltonar ci sia comandamento.
In altro sonetto sono i Domenicani che il piacevole fiorentino prende di mira co' suoi versi :
I Fra' Domenican non mangian carne Sopra il taglier, perchè non sia veduta: Se fusse in torta o in tondo battuta, Sicuramente allor posson mangiarne.
Mostran d'aver la febbre acuta, Si mangian de' capponi e delle starne.
Nelle altre rime del Pucci, che abbiamo potuto vedere, apparisce un modo di lirica popolana, scherzevole, motteggiatrice, un po' raggentilita dalla mediocre col-
(1) G. Carducci. Nelle Rime di Gino da Pistuja ed altri, ecc. Discorso preli-minare.