CAPITOLO SECONDO. — L'ERUDIZIONE. <'>5
ziale riforma della disciplina ecclesiastica, e dopo aver trattato separatamente coi rappresentanti delle varie Chiese d'Europa, sciolse il Concilio, e venne a Roma (1419).
Dopo quarant'anni dacché era cominciato, lo scisma cessò, ma non si quietò per questo lo spirito d'innovazione religiosa che agitava l'Europa. Le potenze cattoliche non desistettero dall'invocare la riforma ecclesiastica mancata a Costanza; i roghi di Huss e di Girolamo da Praga accesero la guerra degli Russiti, che empiè la Boemia di stragi e di rovine.
Il Concilio di Basilea (1431), convocato da Eugenio IV, successore di Martino V, aveva per iscopo di provedere alla riforma della Chiesa ed al ristabilimento del dogma cattolico. Ma anch'esso, come'già quel di Costanza, s'impegnò fin dalle prime sedute in un'aspra lotta col pontefice. I padri proclamarono per un'altra volta la superiorità del Concilio sul pontefice, e cominciarono veramente la riforma ecclesiastica, scemando i tributi che la corte romana imponeva alle chiese provinciali, e vietando gli abusi invalsi nelle nomine ai vescovadi ed alle prebende. La costituzione monarchica assoluta della Chiesa cattolica si trovò, per questi fatti, gravemente minacciata. Eugenio IV, colto il destro di una riconciliazione della Chiesa greca colla latina, trasferì il Concilio di Basilea a Ferrara prima (1438), poi a Firenze (1439). Ma i padri si divisero, e quelli rimasti in Basilea spinsero fino all'estremo le loro ostilità, deponendo Eugenio IV, ed eleggendo a pontefice in sua vece il duca Amedeo di Savoia, che si fece chiamare Felice Y.
Lo scisma fu così rinnovato, e non cessò se non quando il pontefice, indotto Federico III al trattato di Aschaffenburg, potè fare in modo che il Concilio di Basilea venisse abbandonato dallo stesso imperatore e dalla maggior parte dei principi. Allora Nicolò V, il successore di Eugenio, ottenuta, senza molta difficoltà, l'abdicazione dell' antipapa Felice, potè trionfare del Concilio, e ristabilire la monarchia assoluta della Chiesa.
Ad onta di questa vittoria e della pace ridonata alla cattolicità, i risultati dei Concilii di Costanza e di Basilea non valsero a rialzare l'autorità papale decaduta in Europa, nè a ridestare il sentimento religioso spento nella coscienza italiana.
Lo scisma era stato una delle circostanze più favorevoli alla preponderanza della potestà laica ed all'indipendenza dei popoli d'Europa. « Per lungo tempo dipese dai principi l'aderire, secondo le loro convenienze politiche, all'uno od all'altro papa. La Chiesa non trovò in sè stessa alcun mezzo per far cessare lo scisma: soltanto la potenza temporale lo poteva. Allorquando si fu, a quest'oggetto, adunati in Costanza, non si votò più, come per lo avanti, per testa, ma per nazioni; si lasciò a ciascuna delle quattro grandi nazioni che avevano voto deliberativo, la libertà di discutere nelle assemblee preparatorie il voto che dovevano dare; esse in comune deposero un papa, e quello nuovamente eletto dovette scendere a concordati con ciascuna di esse. Durante il Concilio di Basilea ed il nuovo scisma, alcuni regni rimasero neutrali: gli sforzi immediati dei principi poterono terminare questo secondo scisma della Chiesa » (1). E i principi laici si giovarono della preponderanza acquistata, per opporsi alle usurpazioni ed agli abusi dell' autorità ecclesiastica.
Le teorie di Wicliffe, il cui carattere predominante consisteva nell'ostilità al potere dei papi e nella tendenza a sottomettere la Chiesa allo Stato, avevano esercitato molta influenza nell'Inghilterra. Già fin dal 1366, quando Odoardo III s'era rifiutato di pagare il tributo promesso da Giovanni Senzaterra alla Santa Sede, 'Wicliffe aveva sostenuto i diritti del re contro un monaco che difendeva quelli del pontefice. Un po' più tardi, egli attaccò apertamente il potere temporale dei papi e la loro supremazia spirituale : negò la superiorità della Chiesa di Roma sulle altre Chiese, la preminenza degli arcivescovi e dei vescovi sui semplici preti: sostenne che preti e monaci, come tali, non dovevano possedere proprietà; che colla
(1) L. Rauche. Hist. de la Papauté. Liv. I, Chap. I, § IV.