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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   (52 IL RISORGIMENTO.
   nella pratica è sottentrata la vigilanza assidua, penetrante e sospettosa del pensiero. Cosimo dei Medici, che spendeva tanto in chiese, che non dimenticavasi mai delle pratiche religiose, a chi un giorno gli osservò che faceva contro Dio vendicandosi de' suoi nemici colla morte, coi supplizii e cogli esigli, rispose : gli Stati non si tengono coi paternostri in mano (1). Alfonso d'Aragona recitava ogni sera il rosario, sentiva tre messe il giorno, sorgeva ogni notte adir l'uffizio, digiunava le vigilie, lavava e baciava i piedi ai poveri nel venerdì santo; poi sciupava grandi ricchezze in cacce , in cavalcate, in bagordi, in gozzoviglie, in vestimenti d'ogni genere (2). Francesco Sforza tradisce i Milanesi, li assedia, li costringe colla fame ad arrendersi, poi quando entra trionfante in città va dritto al Duomo a render grazie a Dio d'un sì fausto avvenimento. Che più1? il feroce Giovanni Maria Visconti che la notte andava per la città, cacciando uomini come li cacciatori nel bosco fiere (Corio), visitava le chiese per devozione. — D' altra parte la scolastica era caduta, e i dotti, che pur si credevano buoni cristiani, cercavano la soluzione dei problemi della vita nei libri dell'antichità. Quante nobili virtù, quanti grandi pensieri, in quel mondo ancor privo della rivelazione cristiana! Prostrati innanzi ai grandi nomi antichi, essi non avevano altro culto che per le idee della Grecia e di Roma; e il paganesimo loro pareva già una forma religiosa così legittima come il cristianesimo. Vero è che forse è più esatto il dire (come vedremo studiando le opere degli eruditi del secolo XV) che nelle loro menti la sintesi cristiana s' arricchiva di nuovi elementi, accogliendovi essi tutta l'umanità, tutta la coltura presente e passata. Il Ficino infatti credeva che nei dialoghi di Platone ci fossero le basi della religione cristiana, Socrate era per lui il tipo di Cristo, e riteneva che i filosofi pagani i quali avevano seguito la legge naturale, dovessero essersi salvati. -Prima di lui, Gemisto Pletone credeva dovesse sorgere una religione come quella dei gentili; e in alcuni frammenti d'un suo scritto sulle Leggi, recentemente scoperto, trovasi, eh' egli pensava sul serio a restaurare il paganesimo, non però il politeismo volgare, bensi il sincretismo neoplatonico (3). Queste opinioni sparse fra i dotti costituivano una religione astratta, miscuglio di cristianesimo e di paganesimo, che non appa7 gava del tutto la mente, e lasciava vuoto affatto il cuore. Studiando gli eruditi del secolo XV, ne troveremo molti che rimangono nel seno della Chiesa, non per attaccamento all'ortodossia, ma per indifferenza religiosa; e molti che rimangono cattolici nella forma, e sono pagani nel modo di sentire.
   In mezzo a queste disposizioni degli spiriti, le supersti^oni rinascevano e si propagavano, esercitando la loro influenza sui governi, sui dotti, su tutte le classi sociali. — L'esistenza delle streghe, degli stregoni, dei maghi, delle indovine, delle fattucchiere, era per moltissimi un fatto certo quant'altri mai. Si credeva non solo all'influenza degli astri (l'astrologia era una scienza con principi e metodi propri), ma a quella di certe pietre e di certi animali: l'elitropia, ad esempio, rendeva invisibile. Gli eretici, supposti in relazione intima e continua cogli spiriti maligni, si credeva che creassero ed allevassero serpenti, che eccitassero procelle, e che a cavalcioni delle scope si recassero ai sabati, dove godevano, banchetti ed abbracciamenti col diavolo chiamato Martino. Cosa non si credeva lecito di dire e di fare contro gli Israeliti! a quanti oltraggi ed a quante persecuzicni non andarono essi soggetti! I governi ed i dotti, gli uni col loro intervento, gli altri colle-loro teorie, giustificavano tutte le più strane superstizioni del volgo. — A Perugia, nel 1445, una tal Santuccia, indovina e fatturaja, fu arsa, menandola al supplizio sopra un asino colla faccia volta alla groppa e con due demoni a lato che le tenevano una unterà in capo. A Firenze, nel 1436, Angiola da Runci fu mandata a morte perchè maliarda, con ca-
   (1) Machiavelli. Stor. fior. lib. VII.
   (2) Cantù. Stor. de gì' Italiani.
   (3) Laurent. Études sur V histoire de V humanité. Tome Vili, La Réforme. — In questo volume è citato lo scritto di Pletone sulle Leggi: — Pléthon. Traité des lois, ou recueil des fragments en partie inédits de cet ouvrage, par Alexandre, 1858.