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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO SECONDO. — L'ERUDIZIONE. <'>5
   pelli di morti in capo. Eugenio IY, in una bolla, data da Firenze 1430 contro i padri di Basilea, scagliavasi contro i Valdesi e gli stregoni che infestavano le provincie di Amedeo VIII di Savoja (1). — Verso la metà del secolo XV Marsilio Ficino, colla sua filosofia, dava ragione a tutti i pregiudizii dell'epoca in cui viveva. Egli attribuiva a Saturno la sua malinconia, andava sempre pieno di amuleti, che mutava continuamente secondo lo stato del suo animo; e nel libro « De vita coelitus com-paranda », fece un trattato compiuto sulle influenze degli astri, delle pietre, degli animali, discorse a lungo sulle occulte virtù dell'agata e del topazio, sui denti della vipera, sulle unghie del leone, e via discorrendo (2). Un po'più tardi, Macchiavelli stesso, nei Discorsi sopra la Prima Deca, mentre in un capitolo accagiona la Chiesa romana di tutte le sventure politiche e della corruzione d'Italia, in un altro enumera i segni celesti che precedono e pronosticano le rivoluzioni politiche (3).
   Ma di questa decadenza del sentimento religioso in Italia, n'era in gran parte cagione la Chiesa stessa. Uno spirito essenzialmente profano dominava la sua vita. Gli abusi, i disordini, gli scandali, dopo i concilii di Costanza e di Basilea, anziché cessare, andavano crescendo ogni dì più. Gli storici sono quasi tutti d'accordo nel-l'accagionare i cardinali italiani, che si trovarono ai predetti Concilii, delle mancate riforme della disciplina ecclesiastica; in tutti gli ordini della gerarchia ecclesiastica lo spìrito religioso cedeva d'innanzi al profano. Si prendano, ad esempio, gli ordini monastici. La rivelazione della vita dei conventi, già fatta dal Boccaccio, dal Sacchetti e dagli altri nostri novellieri del secolo XIV, è continuata dagli scrittori del secolo successivo. Poggio Bracciolini, in un dialogo intitolato «L'Ipocrisia», dice dei frati: «La maggior parte di loro è oziosa, ipocrita e priva d'ogni virtù. Quanti credete voi che abbraccino la vita religiosa per desiderio di divenire migliori? Pochi ne conterete che non vestan l'abito per fini secondari. Non la mente, ma il corpo lor vaca ai devoti esercizi. Molti veston l'abito monastico perchè l'imbecillità del loro spirito impedisce loro di procacciarsi lavorando un onesto mantenimento. Altri, dopo di avere dissipati i loro averi, entrano nel chiostro a solo fine di trovarvi abbondanza d'ogni cosa: e vanno altri ad ascondervi l'infamia che si sono procacciati con l'ignoranza o col dissoluto e profligato loro vivere (4) ». Lo stesso Poggio segretario apostolico scriveva da Roma a Nicolò Niccoli a Firenze: « Vi sono tariti malvagi che velano i loro vizii con l'umiltà dello sguardo e la povertà dell'abito, che ogni fiducia è distrutta. Abbiamo in questa Corte troppe occasioni di essere informati
   delle opere d'iniquità che ad altri sono ignote.....Platone, che non era cristiano,
   scelse per la sua Accademia un luogo malsano, perchè la mente acquistasse forza dall'infermità del corpo. Ma questi pretesi seguaci di Cristo, guidati da ben altri principii, cercan luoghi piacevoli e deliziosi, non nella solitudine, ma nella frequenza della popolazione, non ad ottenere la perfezione dello spirito, ma la compiacenza e la soddisfazione del corpo (5) ». Se poi alcuno fosse tentato di tenere come iperboliche o false le asserzioni del Poggio, lo invitiamo ad assistere allo spettacolo della vita clericale del secolo XV, offerto da quelle Rappresentazioni che i dotti vanno ora togliendo all'oblio delle biblioteche. In questi abbozzi di dramma, ispirati sovente dal clero stesso, i personaggi fatti segno all'ironia del popolano, sono vescovi simo-
   (1) Cantù. Storia degli Italiani.
   (2) P. Villari. La Storia di G. Savonarola. Lib. I, cap. IV.
   (3) Discorsi. Lib. I. cap. LYI. — « D' onde e' si nasca io non so , ma si vede per gli antichi e per gli moderni esempi, che mai non venne alcuno grave accidente in una città o in una provincia, che non sia stato, o da indovini, o da revelazioni o da prodigi, o ila altri segni ce lesti predetto .... Potrebbe essere che, sendo questo aere, come vuole alcuno filosofo, pieno d'intelligenze, le quali per naturali virtù, prevedendo le cose future, ed avendo compassione degli uomini, acciò si possino proparare alle difese, gli avvertiscono con simili segni.
   (4) In Shepherd. Vita di Poggio. Cap. IV. Diamo un sunto del dialogo d'Ipocrisia nel § 2 di questo capitolo.
   (5) In Shepherd, op. cit.
   IfiVERMZZi. — U Rùotgimènto. $