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IL RISORGIMENTO.
niaci, frati avari, golosi e dissoluti, monache ipocrite, vane e pettegole, individui insomma immensamente corrotti appartenenti al clero d'ogni ordine.
Le plebi italiane s'affollavano intorno ai predicatori, ma nulla più delle prediche di costoro vale ad attestarci la mancanza di fede, d'ispirazione, d'intenzioni veramente religiose. Fin dagli ultimi anni del trecento, il Sacchetti stimmatizzava, nelle sue novelle, l'ignoranza e la scurrilità dei predicatori del suo tempo. In una di esse, dopo aver riferito la predica, fatta in Genova, da certo frate romitano, in cui si eccitavano i Genovesi (allora in guerra coi Veneziani e perdenti) alla riscossa, e si paragonavano agli asini, che percossi si disperdono, mentre i Veneziani erano assomigliati ai porci, che percossi si stringono a costagli uni degli altri, il Sacchetti conchiude: « E così siamo spesse volte ammaestrati : tanto è ampliatala nostra fede, salendo tali in pergamo che Dio il sa quanta sia la loro prudenza e la loro discrezione (1) ». Nella novella seguente si narra d' un vescovo, che predicando nella chiesa dei Servi in Firenze nel dì dell'Ascensione, disse le cose più stolte di questo mondo, e tra l'altre questa per far comprendere come Cristo salisse rapidamente in cielo: «Come n'andò ratto1? andonne come uccello che volasse1? più: o come strale che uscisse di balestro1? più: come n'andò1? come se mille paja di diavoli ne l'avessino portato ». Dopo di che il buon novelliere fiorentino soggiunge: «E questi tali ci ammaestrano spesse volte, e noi appariamo, che manco fede abbiamo l'un di che l'altro (2) ». —• A mezzo il secolo XV, i Francescani detti Frati dell' osservanza, percorrevano predicando tutte le terre italiane, cercando d'emulare l'eloquenza del loro fondatore Bernardino da Siena. Ebbene, ecco cosa dice di costoro Poggio Bracciolini nel suo dialogo « L'Avarizia »:— « Parmi però che tanto Bernardino quanto gli altri predicatori della sua specie, errino grandemente in una cosa. Non predicano per giovare, ma per far pompa.della loro eloquenza: non intendono tanto a curare le infermità dell'anima, che fan professione di sanare, quanto ad ottenere il favore e gli applausi del volgo. Imparano a mente pochi discorsi, che recitano in ogni luogo, ed avanti ad uditori d'ogni sorta. Trattano alcune volte di materie recondite ed oscure, superiori all'intelligenza dei volgari; altre volte solleticano con vane parole le orecchie delle donne e degli idioti, che partono ignoranti più che non vennero. Riprendono alcuni i vizii in tal modo, da sembrar piuttosto che li insegnino; e per desiderio di piacere e per sete di guadagno, trascurano il vero oggetto della loro missione, che è di rendere gli uomini migliori » (3).
Potremmo moltiplicare gli esempi, ma anche i pochi recati bastano a mostrare come lo spirito religioso abbandonasse quelli stessi che dovevano salvare la religione cristiana, nel momento in cui essa era minacciata dall'indifferenza, dalla superstizione e dal paganesimo risorgente.
Intanto anche i Pontefici venivano travolti dalle tendenze profane che dominavano lo spirito italiano. — Reduci da Avignone, limitati nelle loro pretese di supre-
(1) Novella 72.
(2) Sacchetti, Novella 71.
(3) In Shepherd, loc. cit. — 11 Tiraboschi, autorità non sospetta in questa materia, dice dei predicatori di quest'epoca; — Noi leggiamo gli elogi con cui parlano di alcuni sacri scrittori di questo secolo, non solo i volgari e rozzi scrittori, ma i più colti ancora. Per altra parte abbiamo sott'occhio le prediche di questi medesimi oratori, e per lo più non sappiamo vedere in essi ombrao idea alcunadi quella eloquenza per cui son tanto lodati. Si leggano le prediche di S. Bernardino da Siena, di F. Roberto da Lecce, del B. Alberto di Sarziano, di F. Michele da Carcano e di più altri, dei quali ci narrano gli scrittori di quei tempi, che traevano ad udirli le città e le Provincie intere; e poi si giudichi se convenga loro il nome di orazioni eloquenti. Essi altro non sono comunemente che aridi trattati di scolastica o di morale teologia, piene di citazioni di autori sacri e profani, ove veg-giamo accoppiati insieme S. Agostino con Virgilio, e S. Giovanni Grìsostomo con Giovenale. La forza della loro eloquenza riducesi ad alcune esclamazioni, alle quali s'aggiunge talvolta la descrizione dei vizii che allora regnavano, tale che ora ci farebbe scoppiar dalle risa, e allora faceva prorompere gli uditori in dirottissimo pianto — (Stor. della Lett. itali