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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO SECONDO. — L'ERUDIZIONE. <'>5
   trionfarono : la Signoria sortita pei mesi di settembre e d'ottobre del 1434, lo richiamò dall'esilio. « Rade volte occorse che un cittadino, tornando trionfante da ana vittoria, fosse ricevuto dalla sua patria con tanto concorso di popolo, e con tanta dimostrazione di benevolenza, con quanta fu ricevuto egli, tornando dall'esilio; e da ciascuno volontariamente fu salutato benefattore del popolo e padre della patria (1) ». — Da questo momento, per ispiegare il consolidarsi e l'estendersi di un governo come quello dei Medici, che non è uè la repubblica, nè l'assolutismo, nè la monarchia rappresentativa, e che tuttavia risente in ogni sua parte gli effetti di una costante tendenza a concentrare il potere in una sola mano e a renderlo ereditario, bisogna aver riguardo alle forze della ricchezza e del commercio abilissimamente dirette, al molto credito goduto presso i princìpi d'Italia e d'Europa, all'elevatezza e alla larghezza d'un ingegno che sa scernere dalla folla i grandi uomini, ed accoglierne le idee, e gratificarseli, ad una volontà amante della giustizia, della religione, del bene pubblico, lin dove giustizia, religione e ben pubblico concordano col proprio interesse, alla liberalità di un cultore intelligente di lettere e di arti, che illustra sè stesso proteggendo poeti ed artisti, e finalmente alla tacita sommes-sione di un popolo, noncurante delle antiche sue libertà, e che non sa più scorgere la tirannide attraverso gli abbaglianti splendori della coltura letteraria ed artistica.
   Appena Cosimo fu restituito in Firenze , lui connivente, cominciarono le vendette dei vincitori. — Gli Albizzi furono mandati a confine, molti cittadini furono condannati a morte, i nomi degli avversari furono levate dalle borse da cui s'estraeva la Signoria, fu severamente proibito lo scrivere ai confinati, o il ricevere lettere da loro, si rivolsero insomma contro i propri nemici tutti i mezzi d'un'astiosa e vigile tirannide. Meglio città guasta che perduta; due canne di panno rosato fanno un uomo da bene, diceva Cosimo dei Medici, a chi lagnavasi di questi atti. — Il partito democratico, capitanato dai Medici, trionfò; ma quale trionfo!
   Dopo qualche tempo la più vivace, la più operosa, la più grande delle democrazie, che abbia avuto il medio evo italiano, insensibilmente cadeva nelle reti commerciali e diplomatiche di una famiglia di mercanti uscita dal suo grembo ; e di essa non avanzavano che illustri memorie. Lo sviluppo della potenza di Cosimo, ed il declinare delle libertà democratiche fiorentine, furono infatti rapidissimi. Una balìa sospese per dieci anni tutte le istituzioni della repubblica; spirato il termine, tale provvedimento fu prorogato, e così rinnovato per sei volte nello spazio di vent' anni.
   Nel 1455 si tentò di tornare all'antico uso di estrarre a sorte i magistrati della repubblica, ma poco appresso la costituzione fu nuovamente sospesa da una balìa, alla quale si diede facoltà di nominare i magistrati, di fare giudizi stragiudiziali, e di stabilire e ripartire le imposte. — Intanto Cosimo si poneva arbitro dei destini della repubblica. Non v'era in Firenze cittadino di qualche conto a cui egli non avesse prestato grosse somme di danaro; per opera sua sorgevano grandiosi monumenti ; il suo nome era celebrato dalla numerosa schiera di artisti e di dotti ch'egli proteggeva e manteneva. Gli amici esaltavano a cielo la sua liberalità, la semplicità e moderazione de'suoi costumi nella vita pubblica e privata; i nemici non lo combattevano, e ammiravano la sua prudenza e la sua saviezza: della fama di Cosimo de'Medici n'era piena l'Italia e l'Europa. Pochi allora s'avvidero o si curarono dello smarrirsi delle antiche libertà repubblicane di Firenze, in mezzo a tanto fasto, a tanto lusso di arti e di coltura. E quando, dopo trent'anni d'attività politica impiegata nell'estendere la potenza di sua famiglia, Cosimo, vecchio e stanco, morì (146+), un pubblico decreto fece incidere sulla sua tomba il nome di Padre della patria. — Lui morto, i suoi nemici tentarono di abbattere la potenza di casa Medici ; ma ormai essa era tacitamente consentita dall'universale. Dopo breve lotta, Piero de'Medici successe al padre nella medesima autorità: Cosimo aveva gettate le fondamenta di una dinastia.
   (1) Macchiavelli Stor. fior. Lib. IV.