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Storia Letteraria d'Italia
Il Risorgimento
Giosia Invernizzi
Francesco Vallardi Milano, 1878, pagine 368

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPITOLO SECONDO. — L'ERUDIZIONE. <'>5
   parlare dell' accaduto, sotto la pena d' essere tradotto innanzi agli Inquisitori di Stato (1).
   Filippo Maria Visconti, dopo di avere riconquistato, per opera specialmente di Francesco Carmagnola, quasi tutti i possedimenti del padre Gian Galeazzo, moriva nel 1447, senza prole maschile che potesse succedergli nel ducato di Milano. I Milanesi, liberi dai Visconti, proclamarono la repubblica; ma dopo tre anni di una stentata vita politica, pallido ricordo di altri tempi e di altre virtù, caddero in signoria di Francesco Sforza, uno dei più grandi uomini del periodo storico che ci occupa, periodo che di grandi uomini ne vide sorger tanti. —È nota l'origine della famiglia Sforza. Narrasi che un giorno alcuni soldati della compagnia di S. Giorgio, comandata da Alberico conte di Barbiano, passando vicino al villaggio di Cotognnla i, Romagna, s'incontrarono in un giovine contadino che lavorava la campagna, e lo invitarono a seguitarli. Muzio Attendolo (così si chiamava il contadino romagnolo) gittò la sua marra tra i rami di una quercia, disposto, se vi rimanesse, a mettersi con loro. La marra rimase, e Muzio partì. Poco tempo appresso, egli comandava una schiera propria, sotto gli ordini di Alberico di Barbiano, ed era soprannominato lo Sforza. Le lotte fra Durazzani e Angioini, poi fra Angioini ed Aragonesi, nel regno di Napoli, non che la turbolenta anarchia degli Stati della Chiesa, gli apersero la via del potere: in breve egli fu creato Gran Conestabile del regno di Napoli, ed ebbe il possesso di molte terre nel Regno stesso e nelle Romagne. — Attendolo Sforza fu uno dei più valenti condottieri del secolo XV. Francesco Sforza suo figlio, diventò un principe arbitro delle sorti italiane. Noi non possiamo seguir da vicino le imprese di questo soldato di ventura, che colla spada si conquista un trono. Per far ciò bisognerebbe narrare la storia di quasi trent' anni di lotte, in cui egli figura ora in un campo, ora in un altro, a seconda che lo richiede lo scopo ambizioso cui serve. Dal giorno in cui, sulle rive del Pescara, prende il comando delle truppe del padre, suo (1424), infino a quello in cui è acclamato duca di Milano (1450), Francesco Sforza è una energica individualità che ingrandisce continuamente fra ostacoli d'ogni maniera. Riputato come il più abile e valoroso capitano d'Italia, marchese d'Ancona, Gonfaloniere della Chiesa, possessore di molti feudi, amico degli uomini più ragguardevoli del suo tempo, tra gli altri di Cosimo de' Medici, non corse gran tempo ch'egli usci dalla schiera dei condottieri comuni, per entrare nelle combinazioni politiche, e servire a scopi più elevati di sovranità e grandezza propria: anche prima eh' egli diventasse duca di Milano, la sua potenza imponeva la pace e la guerra agli Stati italiani. — Una mente che nel proseguire uno scopo fisso, non è trattenuta uè da santità di principii, nè da moralità di mezzi, un'anima non ispaurita da timori religiosi, nè da superstizioni (2), una ragione che frena e domina col calcolo i moti impetuosi dell'ambizione, una volontà che non piega dinnanzi a nessuna difficoltà, ed effettua il proprio scopo lottando con un numero influito di nemici; ecco i mezzi che sgombrarono la via del trono al figlio del soldato di ventura. In ninno forse, meglio che in Francesco Sforza, si palesa il rapido risorgere e il libero svolgersi dell'individualità umana nell'Italia del secolo XV. — Nel 1441 egli aveva sposato Bianca Visconti, figlia naturale di Filippo Maria; e nel 1447 il duca di Milano muore, senza lasciare altra prole. Il re di Napoli, il duca di Savoia, il duca d'Orléans, ì Veneziani, i Genovesi, pretendono alla successione del Ducato ; ma i Milanesi proclamano la repubblica, e il conte Francesco Sforza si pone al loro soldo. La guerra è felicemente condotta; lo Sforza batte i Veneziani al Po ed a Caravaggio; poi ad un tratto ferma con essi un'alleanza, colla quale consente loro il possesso di Crema e Ghiara d'Adda, in cambio d'aiuti che s'impegnano a dargli per ottenergli la corona dei A isconti. La repubblica è tradita dal suo generale supremo; in pochi giorni essa perde Piacenza Alessandria, Parma, Lodi ed altre città, che
   (1) Sismondi. Rep. Ital. cap. 75.
   (2) Il Corio dice ohe Francesco Sforza non stimava nulla gli astrologi. Stor. di Milano,