CAPITOlo SECONDO. — L'ERUDIZIONE. <'>5
dei Medici non e fedifrago e crudele come Filippo Maria Visconti e la Signoria veneta, ma che cosa è infine la sua politica, se non un'opera inspirata dall'egoismo e compiuta coll'uccidere insensibilmente le libertà della republica fiorentina, col violare le antiche leggi dello Stato e i diritti dei cittadini'? — La condotta politica dei Pontefici di Roma e dei prelati che avevano potere temporale, non è informata a migliori principii di moralità e di giustizia. Le austerità monastiche di Eugenio IV non possono far dimenticare il suo disprezzo pei giuramenti e la parte eh'egli ebbe in molte odiose perfidie. Egli creava Francesco Sforza Gonfaloniere della Chiesa e Marchese d'Ancona, a oatto che lo ajutasse a ristabilire l'autorità pontifìcia negli Stati ribelli alla S. Sede. Gli Stati ricadono in dominio del Pontefice, il quale poco dopo incarica l'Offìda, suo luogotenente in Bologna, di spegnere lo Sforza a tradimento. Lo Sforza conosce la trama, e fa invece uccidere l'Offìda (1). Paolo Fregoso, cardinale arcivescovo di Genova, invita un giorno il Doge suo nipote, colla moglie e i fi.ali, a pranzo, e quivi li fa cogliere, mettere ai tormenti, sinché il Doge non ordina che le fortezze della città sieno rese allo zio. — Tradire un'alleanza, violare un trattato, spegnere un nemico a cui si è accordato un salvacondotto, erano principii formanti parte del codice politico dei Signori e delle repubbliche. Bisognava sollevarsi, ingrandire, dominare; quanto ai mezzi, il precetto formulato più tardi dal Macchiavelli, che cioè vuoisi essere a tempo volpe o leone, era già nella pratica della vita politica.
Chi poi dalla vita dei Grandi passi a considerare quella dei cittadini, troverà perchè fossero possibili le astute tirannidi, le violenze e le scelleratezze di questo periodo: l'atmosfera morale che avvolgeva l'Italia era deleteria per tutti. L'amore immenso di libertà che ferveva un tempo nei cittadini, or vi è come sopito; alle grandi lotte antiche succedono sommosse brevi, frequenti, senza scopo determinato, senza energia, senza risultati; i lini che una volta si asseguivano con tanto appassionato parteggiare, a poco a poco si cancellano dalla mente, una fredda indifferenza occupa l'anima. —Le Signorie, fondate sull'astuzia o sulla forza, spesso senza il prestigio di una lunga tradizione, sempre senza leggi che regolino la successione, ad ogni morte di un principe suscitano violenti tumulti nelle città ; si combatte nelle vie a favore di un figlio bastardo, d'un condottiere traditore e assassino del suo principe, come a favore del principe contro il condottiero, del figlio legittimo contro il bastardo; alla fine poi si riconosce e si festeggia quegli che è giunto al potere. Dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti, i Cavalcabò sono acclamati signori di Cremona. Ma dopo breve tempo sorgono violenti gare tra i membri di questa famiglia, e sta per iscoppiare la guerra civile. Allora Gabrino Fondulo, un soldato di ventura, diventato generale e ministro di Ugolino Cavalcabò, s'interpone come paciere, invita a splendida mensa i competitori e i principali loro aderenti, poi, quando l'allegria del convito è al colmo, fa irrompere sicari nella sala, e trucidare i Cavalcabò insieme a settanta dei loro principali aderenti. Dopo questa strage Gabrino Fondulo corre la città, e diventa Signore di Cremona. — Di simili fatti ne son piene le cronache di questo periodo. I Signori non potevano contare sull'affetto e sull'appoggio dei cittadini; quegli che un giorno era stato gridato Signore, poteva l'indomani stesso cader vittima di un potente che sapesse tirare a sè la moltitudine. — Insieme coli'amore della libertà e coi fini della vita politica passata, era scomparso anche lo spirito militare. In luogo delle antiche armate che si battevano eccitate dal patriottismo e dall'affetto passionato e profondo al trionfo della causa d'un partito, si vedeva l'Italia piena di compagnie mercenarie che servivano indifferentemente tutte le cause: i cittadini abbandonarono l'uso delle armi, i Condottieri trasformarono in arte la milizia, e il militare al loro comando diventò un mestiere. Dopo le compagnie straniere del Guarneri, del Cavaliere di Monreale, di Giovanni Acuto (Ilawkwood), apparse già nel secolo precedente, si formò in Italia una scuoia militare, e sorsero grosse compagnie, composte di soli italiani, Alberico conte di
(1) Sismondi. Rep. ital.