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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   intlioduzione. 15
   . Sotto Y Impero la ferrea disciplina, che regolava ogni cosa, tarpò le ali al genio poetico. La poesia, eh' era nei meravigliosi fatti del tempo, mancava nei libri. MI solo genere descrittivo ebbe qualche suecesso. Delille (1738-1813) fu capo di questa scuola ; era un perfetto tornitore e levigatore di frasi, che nascondevano ai meno veggenti la esilità del pensiero. Con senile garrulità si gloriava delle tante descrizioni da lui fatte: dodici cammelli, quattro cani, tre 'eavalli, sci tigri, due gatti, una scacchiera, un bigliardo, molti inverni, molte estati, e più ancora primavere, cinquanta tramonti, e sì gran numero di aurore ehe gli ora inpossibile farne il conto. La tragedia, unico genere raecomandato a' poeti da Napoleone, si trascinava nelle comuni catene: non oecorre di dire che le famose unità v'erano rigorosamente mantenute; e lo svolgimento dell'azione accennato noi primo atto, promesso nel seeondo, minacciato nel terzo, e risolto nell'ul-»nno, dava a tutte le tragedie del tempo una tale uniformità che pareano stoffe d'un' unica fabbrica. Il sogno, il pugnale, le tazze avvelenate, col paragone della miseria de grandi, e della felicità del viver campestre, erano l'ordinario apparato del dramma imperiale. Nelle stesse circostanze Oreste ed Amleto avrebbero parlato lo stesso linguaggio ; e si sa di Briffaut che dopo avere scritti tre atti di una tragedia con nomi spagnuoli, li trasportò senza mutarvi una sillaba nell'antica Assiria, e chiamò la tragedia Nino II. Dueis solo, il semplice, il fiero Dueis, che s _ disse eroico più degli eroi chc creava, aveva il genio della tragedia. Non macchiato nella Rivoluzione, inflessibile alle lusinghe imperiali, Dueis dieeva clic la solitudine era alla sua anima quello che i capelli a Sansone. Io ho sposato, soggiungeva, il deserto, come il Doge di Venezia sposava VAdriatico: ho gettato ti mio anello nella foresta. Con questa tempra d' anima antica Dueis era .atto per gareggiare con Sofocle e Shakspeare; ma non seppe sottrarsi all'in-'luenza del tempo; cosicché mettendo sulle scene di Francia le rudi creazioni del tragico inglese per volerle raffazzonare ed ingentilire le privò della loro naturale grandezza. Solo qualche seena ha tut'to il colorito Shaksperiano ; ma sta fra le altro, come frammento di antica statua murato in una casa moderna Nel romanzo Madama di Genlis co' suoi cento volumi non pareggiò i pochi ma delicati lavori della Cottin e della Kriidncr, ne' quali già si presente il rinasei-mento poetico e religioso della Francia.
   Francesco Renato visconte di Chateaubriand (1768-1848) tiene il mezzo dei due secoli^ che lo videro proscritto, errante fra le selvaggie tribù dell'America maestro d'italiano in Inghilterra; poi cortigiano, ambasciatore e ministro di Stato! Por quanto sia grande scrittore, la sua fama è poca cosa, se si guarda all'immensa rivoluzione che i suoi scritti portarono nella letteratura, e quel che più rioiita nella opinione d'Europa. Pel vivo sentimento della natura Chateaubriand ò discepolo di Rousseau; ma da Chateaubriand discendono Lamartine, Byron, Manzoni e tutti i grandi novatori del tempo. Con Atala e con Rene ridestò lo spirito di religione; enei 1802, quando la mano vittoriosa del primo Console riaperse al culto cattolico le chiese della Francia, l'apparizione del Genio del Cristianesimo giovò mirabilmente all'opera riparatrice, mostrò divine bellezze dove Voltaire non avea veduto che menzogna e ridicolo; e no'Martiri ponendo a fronte la civiltà pagai con la cristiana di Roma, adombrò l'abisso in cui la negazione di Dio avea*con-dotta la Francia, e dal quale non poteva salvarla che un pronto ritorno alla fedo logli avi. Per dare a questo suo lavoro le tinte del vero, Chateaubriand viao-o-iò a Grecia, lAsia minore, la Palestina e l'Egitto; e dagli Atti dei Martiri e d&a1le leggende de' Franchi trasse la viva pittura d'un secolo, che si agitava e ringiovaniva sotto l'ascia de' Barbari. Può dirsi che qualche volta il suo stile sia turgido, che l'immaginazione non lasei luogo a ragionamento; ma la fiamma di un sentimento pio e cavalleresco verso quanto vi ha di nobile e d'infelice sopra la terra ci fa caro l'uomo più ancora che lo scrittore.
   Una donna, Luisa Germana baronessa di Stael (1766-1817) divide con Chi*.