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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   introduzione.
   elsa sua un eroe commensale d'un altro. Boswell ci ha conservati alcuni de'loro dialoghi da' quali appare che Paoli, come Epaminonda e Scipione, b'in enaeva di lettele iih ehe non si attenda da un uomo di guerra. Un giorno Paoli parlando delle lingue diceva che una lingua non si può conoscere senza la conoscenza dei costumi e maniere del popolo dal quale è parlata Noi possiamo conoscere il diretto significato delle singole voci; ma la beltà del espressione, i tratti d ingegno e di spirito rimangono lettera chiusa per gli stranieri Quelle voci possono alludere ad idee che non sono le nostre. Jonhson rispondeva ' che 1 osservazione era giustissima, più d'uomo consumato negli studii che ne governo di una nazione. Paoli chiedeva a inglese, ehe cosa pensasse dello spirito d'irreligione che pigliava sempre più campo in Europa; e Jonhson diceva: io spero che quarte tenebre de -l'empietà siano nube che passa, la quale sarà tosto dissipata e n,scira. fuori 1 sole nel suo usato splendore. Voi pensate, ripigliava il Generale, che,essi cangeranno principi! come cangiano la veste. Perchè no, soggiungeva 1 a tro, se «nj> egual pensiero de'principii che della veste? Poi chiedeva al Pao^ se ndk aor-sfea, come avea letto in qualche parte, fosse una lingua diversa dal italiana e dalle altre derivate dal latino, che si chiama lingua rustica; e Paoli gli diceva che quella lingua rustica, diversa dalla lingua delle città, era solo m Sardegna Soleva dire di Goldsmith ch'era come il mare che getta perle ed altre vaghezze sul lido senz'avvedersene. Ed un giorno che Jonhson mostrava desiderio di un viaggio in Italia, e parlava delle rive del Mediterraneo che aveano veduto i più grandi imperi del mondo, l'Assiro, il Persiano, il Greco e il Romano, Paoli osservava che il Mediterraneo sarebbe stato soggetto magnifico per un poema. Johnson più volte disse a Boswell che non avea mai conosciuta più elevata natura
   d'uomo di Paoli. T .. ^^
   Oliviero Goldsmith (1728-1774; irlandese, viveva a Londra povero, ma con qualche fama pel suo poemetto il Viaggiatore. Un giorno del 1760, Johnson cDDe un viglietto da lui che lo chiamava a se con urgenza. Impedito diede al messo una ghinea, e come fu libero corse dall'amico. L'ostessa lo voleva trascinare al giudice, perchè l'avea defraudata della pigione. Goldsmith sedeva ad un tavoJf con innanzi una bottiglia di Madera, da lui scambiata con la gmnea e cesellava. Johnson rimesso con gravità il turacciolo alla bottiglia, si pose a st u ìare
   coli'amico il modo di uscire d'impaecio. Goldsmith trasse di tasca un manoscritta,
   che l'altro scorse rapidamente: poco dopo un tipografo per sessanta ghinee acquistava la novella II Vicario di Wakefield, il più bel racconto di costume domestico che abbia l'Inghilterra. Pochi libri hanno tanti difetti d invenzione e di verosimiglianza come questo Vicario; l'autore stesso tenta di prevenire il nostro Giudizio col dire che i difetti per cento ragioni possono dirsi bellezze; ma L, >ld-smith s'incanna; i difetti possono essere compensati dalle bellezze, ma rimangono sempre quello che sono. Il personaggio di Burchell, sotto cui si. nascondeva il virtuoso Guglielmo Thornhill, è la più strana ed inverosimil figura che immaginasse un romanziere. Ma la felicità del focolare domestico non turbata dalle pa3-saggere sventure; la serenità del Vicario nelle stesse catene; quella moglie rigogliosa del marito, delle figlie e del suo vino d'uva spina, soggetta alle piccole vanità del suo sesso, e pur sempre rassegnata nelle comuni disgrazie; quella Olivia e quella Sofia d'indole tanto diverse e sempre sorelle, il piccolo Mose cosi destro nei contratti, come nella dialettica, sopraffanno in modo il lettore, che in onta a tanti difetti, ritesse nella sua mente la favola, come fosse realtà; tanto si sente migliorata e consolata 1' anima dalla vista di quella famiglia. Lo stile sempre tacile, candido, armonioso, niun fiele satirico, niuna frase men vereconda fanno parere quelle pagine dettate dal Manzoni. E questa bontà di cuore, che tanto contrastava col bizzarro disordine della vita di Goldsmith, è visibile noli altro sjo poemetto II Villaggio abbandonato, ne' suoi Saggi e negli stessi Compendi della Storia Greca e Romana, che portarono il suo nome in tutte le scuole di Europa.