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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   j,3 introduzione.
   mostrava a divenire poeti ebbe numerosi seguaci in Prussia ed in Sassonia; il grande Haller, che nel suo poema sulle Alpi si era alquanto accostato agl'Inglesi, ebbe la comune riprovazione.
   Intanto nella Svizzera si raccoglievano intorno a Gian Giacomo Bodmer di Zurigo alcuni giovani ardenti, innamorati della letteratura inglese. Cominciarono a ridersi dei vecchiumi del professore di Lipsia e de' giornali che stipendiava; e quando Bodmer uscì in campo colla versione di Milton, l'ira di Gottsched non ebbe più termini; per più anni versò tutto il letterario suo fiele sul poeta inglese e sopra gli eretici di Zurigo, fra i quali era Klopstock. Corre fra i Tedeschi e gl'Inglesi più comunanza di sangue che di abitudini. L'Inglese è serio, ragionatore, preciso; il Tedesco quantunque grave ha sempre dell'ispirato; il calcolo della ragione mai si scompagna in lui dal calore della immaginazione e del sentimento. Ma Milton, che spazia nelle più sublimi regioni della idea, e Shakspeare, che fra lo seoppio delle più tempestose passioni getta il suo sguardo interrogatore all'infinito, come nel Macbet e nell'Hamleto, doveano accendere nella nazione sorella il sacro fuoco, che la scuola di Gottsched teneva sopito. 11 primo ad ordinare in forme scientifiche le nuove idee fu Breitinger, amico di Bodmer ; combatte il principio dell'imitazione e pone in suo luogo la ricerca del nuovo e del meraviglioso. Vuole nondimeno che la poesia torni in qualche modo fruttuosa. e però raccomanda l'apologo, come componimento perfetto. A questo principio si devono le favole di Lessing. Baumgarten, che trovò primo il nome di estetica, allargò le ricerche sulla natura del bello ed applicò alle arti figurative le regole che sino allora erano state della sola poesia. Mendelssohn sulle tracce di Platone e di S. Agostino, disse il bello non essere che 1' unità nella varietà, collocò 1' estetica fra la metafisica e le scienze naturali e le diede por fondamento la psicologia, come quella che rivela i più occulti misteri dell'anima rinchiusi nel concetto del bello. Winekelmann ammise due forme del bello; :t bello puro ed il bello di espressione. Trova il primo nei capolavori dell'età d'oro della Grecia, ne' quali la semplicità delle linee è riflesso dell'Ente semplicissimo, da cui deriva ogni bellezza. Il bello di espressione nasce nel declinare del primo, quando l'arte inetta a cogliere i delicati contorni della idea, ne esagera con volgari mezzi l'espressione: lo scultore gonfia i muscoli e le vene; il poeta stura l'ampolla delle antitesi e delle metafore. Winekelmann trova il bello puro nella Niobe, il bello di espressione nel Laocoonte. Ma quando soggiunge che il bello puro è sempre indeterminato, che non ha cioè altre linee che quelle chc formano la vera bellezza, mi par che dimentichi come 1' espressione del dolore materno sia nell'attitudine e nel volto della Niobe. L'unità varia, ma tranquilla, come un mare in bonaccia, la proporzione, la semplicità, l'universalità sono per Winekelmann caratteri della bellezza pura : dottrina che informò gli scritti della seconda maniera di Goethe. Pia*ce notare come la critica diboscasse il cammino, sul quale si gettavano con entusiasmo artisti e poeti. Nel 1766, apparve il Laocoonte di Lessing, ove si definivano i limiti della pittura c della poesia ; il dominio della prima è nello spazio, dell'altra nel tempo, e quindi operano con fini diversi, ch'è gran fallo confondere. La pittura si gloria del simultaneo, la poesia del successivo ; la pittura avendo per fine di piacere stabilmente all'occhio, non ammette che il bello; la poesia volgendosi all'immaginazione può accogliere anche il deforme, perchè la parola è fuggevole. Goethe nelle Memorie narra l'entusiasmo, col quale il Laocoonte venne accolto dai giovani novatori della Germania, u Uno sguardo solo ci svelò colla rapidità della folgore le magnifiche conseguenze di questi pensieri. Tutta la critica antiquata, che avea fino allora dirette le nostre meditazioni e i nostri giudizii, non fu più per noi che una veste logora, che tosto gettammo in un canto ». Shakspeare, eterne e Goldsmith, come Goethe stesso confessava più tardi ad Eckermann, compierono la sua conversione. E qui non posso tenermi dall'osservare come mal si appongono coloro che danno all'auto
   re del Faust una