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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   INTliODUZIONE. 31
   ¦Nel Sogno della notte di Vaiburga, che e 1' intermezzo del Fausto, Goethe avea cantato di se :
   Grato m'è assai Vandar per le confuse Carole del Blosberg : che in veritate Anzi che i cori dell'aonie Muse Son abile a guidar quei delle Fate.
   Questo dramma, di cui le prime scene furono pubblicate nel 1790 e le ultime nel 1831, è lo specchio di tutte le trasformazioni dell'autore nella lunga sua vita, Ma ch'egli fosse più atto a ritrarre le tresche delle Fate che i balli delle Muse, credo sia di qucgl'inganni che pigliano gli autori nel giudicio delle loro opere. Il suo ingegno, dopo il Goetz ed il Werter, si era educato all' armonica semplicità degli antichi; sommo nel colorire una scena, mancava di quella forza che, ordita una gran tela, ne annoda simmetricamente le fila diverse. Il soggetto del Fausto mi parve sempre più da ballata che da dramma: l'intervento degli spiriti fa sentir maggiormente il difetto di azione. 11 monologo di Fausto; il suono delle campane e i canti della Pasqua, che lo tolgono alla sua orribile idea ; il passeggio di Fausto e di Margherita, di Mefistofele e di Marta, di Margherita e di suo fratello Valentino, lo svenimento e la preghiera della tradita fanciulla, sono frammenti d'inarrivabile perfezione. Ma nella stessa prima parte, che solo ha un vero valore, ehi negherà che l'azione non precipiti troppo rapidamente, e non sia cosa mostruosa quella Margherita, poco prima tanto morigerata e soave, divenuta in un tratto matricida, fratricida, infanticida, pazza; e senz' altro perdonata ed accolta fra gli Angeli? Non parlo della seconda parte, ove le continue allegorie, le figure mitologiche, le streghe, le sfingi, i lemuri e tutta quella fantasmagoria estetica e filosofica frastagliata di dottrine sistematiche e di minuziosi epigrammi, portano la vertigine nel capo dei lettori, e fanno intollerabili gli stessi commenti che vogliono giustificare cotali bizzarrie di disegno e di esecuzione. La Germania dolente di non avere un'opera da contrapporre alla Divina Commedia e ai drammi di Shakspeare, ha cercato di ringrandirsi col Fausto; ma più corrono gli anni e più la verità si palesa, e gli stessi Tedeschi si avvezzano a considerare il Fausto come una serie di staccate bellezze, ma con difetto di ordinamento, e però da collocarsi in seconda linea fra le opere del grande poeta.
   La libertà della forma predicata da Goethe e da Schiller, che ne avean tratto sì luminoso partito, degenerò nella più bizzarra licenza in Gian Paolo Richter (17691825), che per originalità di mente poteva esser terzo fra que' due sommi, e che molti'Tedeschi salutano ancora come l'unico Richter. Nella sua Introduzione all'estetica mette lo spirito sopra la materia; e si scaglia con focosa eloquenza contro i poeti che cercano nella immagine, ossia copia delle cose sensibili il mistero di quest'arte divina. Inabile a definirla filosoficamente, si contenta delle similtudini, e dice, che la poesia non è che un altro mondo rinchiuso nel mondo che abitiamo ; ed altrove: la poesia è alla prosa quel che il canto alla parola. Sono notevoli le sue opinioni sul genere classico e sul romantico. Dice che l'essenza del classico è nella semplicità e nella serenità del finito; l'essenza del romantico è nel pensiero eristiano che si perde nell'infinito. Ne segue che la perfezione del finito essendo la meta suprema del classico, ed il pensiero dell' infinito essendo 1' elemento del romantico, il Sublime sia più famigliare al secondo ed il Bello al primo. Ciò non toglie clic la bellezza non possa aspirare alla sublimità, nè la sublimità vestirsi delle grazie della bellezza. In questa guisa il Sublime, che Richter con bella ed ardita espressione chiama l'infinito applicato, può entrare ne' dominii del classico come principio spirituale che viene a vivificare il mondo delle forme e dei sensi! A questa bella teoria di Richter non corrispondeva la pratica. La sua stanza da studio era un' ampia sala affumicata, cogli utensili da cuocere in un canto, una