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Storia della Letteratura Italiana
Dalla metà del 700 ai giorni nostri
Giacomo Zanella
Francesco Vallardi Milano, 1880, pagine 192

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a cura di Federico Adamoli

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   CAPO I.
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   eli Francesco Maria Zanotti. Durò fino ai tempi del Regno d'Italia, in cui si fuse nell'Istituto Nazionale italiano.
   Principii non diversi ebbe l'Accademia delle scienze in Torino. Il conte Sa-luzzo accoglieva in sua casa l'immortale Lagrange, il medico Cigna, il chirurgo Bertrandi con altri valenti scienziati a discorrervi di scienze naturali e di matematiche: alcune Memorie pubblicate parvero di tanto merito, che il Saluzzo potè vedere nel 1759 la piccola compagnia onorata del titolo di Società Beale. Eulero, Haller, Gcrdil furono de' primi soci. Crescendo l'importanza dei lavori dell'accademia e la sua riputazione in Europa, Re Vittorio Amadeo nel 1783 la dotò di fondi propri, e volle si chiamasse Reale Accademia delle scienze. Come si vede gli storici hanno esagerato il merito de'principi in somiglianti istituzioni: vennero sempre dopo l'opera de' privati. E magnanimo pensiero di un privato fu il raccogliere in un corpo accademico tutte le migliori intelligenze della nazione e dare unità di forma e di scopo alle ricerche scientifiche. Anton-Maria Lorgna veronese fondò del suo, nel 1782, la Società Italiana delle scienze, che si compone di quaranta soci nostrali con aggiunta d'illustri stranieri. Nel 1796, in cui moriva il Lorgna, e Verona era in preda alle armi francesi e tedesche, la sede dell'Accademia 'fu trasportata a Modena, ove continua a fiorire immortale fra tanta caducità di stati e di dinastie.
   Così mentre la natura agli occhi dei letterati era coperta di quel velo menzognero che le antiche mitologie le aveano gittato sopra, nò si vedeva il mare ma Nettuno, non il sole ma Febo, non il frumento ma Cerere, non il vino ma Bacco, alcuni Italiani per impulso proprio, non per eccitamento di principi, si affaticavano di sorprendere la stessa natura nell' intimo segreto delle sue leggi. L'Italia era bella allora, come oggi; ma nelle poetiche descrizioni di allora noi troviamo descritta l'Arcadia colle sue greggi, colle sue capanne, con la sua statua di Pane; troviamo Melibeo, Titiro, Galatea, Amarillide; ma non una linea de' nostri monti e delle nostre campagne, non i nostri monumenti, non l'aria de' nostri volti. Vedremo come gl'Italiani fossero de' primi ad investigare l'interna struttura del globo; come nella botanica, nella zoologia lasciassero incancellabil vestigio; ed avremo sempre più a stupire, che gli stessi ingegni postisi per caso o per riereamento a scrivere in versi non sapessero dilungarsi dalla maniera comune. Tanto è vero che i pregiudizi letterarii sono più difficili a vincersi degli scientifici ; Aristotele era già bandito dalla fisica e continuava a regnare nella drammatica. E la ragione del fatto è palese; nelle scienze una verità dimostrata esclude la proposizione contraria: nelle lettere che si nutrono d'immaginazione c sentimento, non si può avere logica evidenza di prove, perchè il sentimento c l'immaginazione sono cose incerte c mutabili.
   La stessa Toscana non attendeva solamente alla sua Crusca. L' agricoltura cantata dal toscano Alemanni ed elegantemente insegnata dai toscani Davanzati, Sederini e Vettori, vide nel 1752 aprirsi in Firenze la Società de' Georgojili, la prima in Europa che si occupasse di aziende campestri. Nel 1783 le si unì la Società botanica fiorentina, fondata mezzo secolo innanzi dall'immortale Pier-Antonio Micheli, che tenne con Linneo e con Tournefort il principato della botanica a' suoi giorni. I Georgofili poteano rendersi benemeriti della scienza nnn solo, ma della lingua, se avessero scritte le loro Memorie nello stile dei loro antichi; ma la Francia signoreggiava sulle stesse rive dell'Arno. In ogni modo questa Società laboriosa compensava l'ozio degli Apatisti, di cui solenne esercizio accademico era quello del Sibillone. Mi piace riferirlo come segno del tempo. Ad un fanciullo di pochi anni seduto sopra una cattedra si proponeva qualche questione: l'oracolo non dovea pronunciare che una sola parola. Due accademici interpreti, seduti appiedi del tripode, doveano dimostrare che quella parola della Sibilla tagliava il nodo della questione. Io ho veduto farsi questo giuoco in qualche serale convegno. L'Accademia Etnisca di Cortona, che fino dal 1742 cominciò a stampare le