DANTE ALIGHIERI
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veduti li fanti eh'uscivan patteggiati eli Caprona nel c. XXI dell'I»!./., vv. 94-95). Nel 1290 morì Beatrice; e con la morte di lei si chiude il primo periodo della vita di Dante, il quale « rimase di tanta tristizia punto, ohe conforto non gli valeva alcuno ». Ma « dopo alquanto tempo », per trovar qualche sollievo, si diede agli studi filosofici (Convivio, II, 12): condusse in moglie Gemma di Manetto Donati, dalla quale ebbe più figli: 6 si occupò delle pubbliche faccende, dopo essersi ascritto ad una delle Arti Maggiori, quella dei medici e speziali. 7 Sino dal 1295 appare il suo nome in atti consiliari del Comune fiorentino;8 e nel 1300 fu mandato ambasciatore al comune di San Gimignano: 9 nello stesso 1300 fu dei Priori dal 15 giugno al 15 agosto. L'anno seguente dai sei uffiziali sopra le vie, piazze e ponti della città fu eletto soprastante all'allargamento di una strada; 10 e in quel medesimo anno più volte discusse nel Consiglio delle Capitudini (consoli delle Arti) e nel Consiglio dei Cento: in questo fu contrario alla concessione di cento soldati a Bonifazio Vili, che ne aveva richiesto il Comune. Firenze era allora divisa nelle fazioni dei Bianchi e dei Neri: guelfi gli uni e gli altri, ma divisi e fatti nemici da idee e vedute profondamente diverse, anzi opposte, circa la politica che a Firenze conveniva di seguire; poiché i Neri erano favorevoli, e i Bianchi contrari, a una politica di grande sviluppo economico, di espansione esterna e di alleanza con tutte le forze guelfe d'Italia, Dante apparteneva a parte Bianca, e propugnava il modesto j»rogramma di questa, che voleva « circoscrivere la politica del Comune entro i già conquistati confini », e vedeva « nelle ingerenze angioine e papali una minaccia al quieto vivere cittadino ».11 Egli deplorava che la gente nova e i sùbiti guadagni avessero generato orgoglio e dismisura in Firenze, e guardava con rimpianto al passato, alla Firenze dei tempi di Cacciaguida.12 Quando i Neri sormontarono con la forza di Bonifazio, che mandò a Firenze Carlo di Valois col nome di paciaro ma in effetto per deprimere i Bianchi (vedi Inf. VI, 64 e segg.; Purg. XX, 70-78), Dante ed altri il 27 gennaio 1302 da Cante de' Gabrielli da Gubbio podestà di Firenze furono condannati in contumacia a pagare cinquemila fiorini piccoli, all'esclusione da ogni carica e dignità, a due anni d'esilio fuori di Toscana, e, se non avessero pagato entro tre giorni, ad aver guasti e confiscati i beni, come rei, fama publica referente, di baratteria, d'illeciti guadagni, d'inique