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Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   IL SECOLO XIV
   di Cino da Pistoia per la morte di Beatrice; e clie questa, se nella Divina Commedia ha una significazione simbolica, al pari di Virgilio, pur ci apparisce anche come l'anima di persona che realmente visse quaggiù. E non ricorda le sue belle membra che sono in terra sparte, e non dice: Quando di carne a spirto era salita'! Appunto in quella scena del Purgatorio (c. XXX-XXXI) piena di sentimento e di passione, nella quale il Poeta dà forma drammatica alle sue confessioni, all'intima sua storia; e dove Beatrice, già figura simbolica, è anche insieme V la donna amata e pianta, allorquando rivolge a Dante acerbi rimproveri, allorquando gli rammenta l'amore degli anni suoi giovanili ». 85
   4. La Donna gentile della Vita Nuova ricongiunge questa operetta al Convivio, dov'essa ricompare come simbolo della filosofia. Il Convivio 36 (composto nel 1307-1308, o poco prima) è così intitolato perché l'autore imbandisce come un banchetto di sapienza (« l'ultima perfezione della nostra anima ») per quei molti che « da questa nobilissima perfezione sono privati per diverse cagioni, che dentro a l'uomo e di fuori da esso lui rimovono da l'abito di scienza»': è composto di canzoni, che sono come la vivanda, e di commenti in prosa, che sono come il pane. Di quattordici canzoni e di quindici trattati, uno d'introduzione e gli altri di commento alle canzoni, doveva esser tutta l'opera, ma rimase incompiuta dopo i primi quattro trattati. E insomma il Convivio un'opera filosofica, in forma di commento a canzoni allegoriche e filosofiche, degna di molto studio anche per l'intelligenza della Divina Commedia. Scrivere in quel tempo un'opera di tale importanza in volgare fu ardimento grande; e Dante stesso credette doversene giustificare, e lo fece, nel trattato proemiale, con un lungo ragionamento e in più punti con quella calorosa eloquenza che anima non pochi altri luoghi del Convivio, come là dove egli ricorda con tanto accoramento, ma insieme con tanta dignità, il suo ingiusto esilio e la « dolorosa povertade » (I, 3), o esalta Roma e l'Impero (IV, 4-5), o prorompe in apostrofi sdegnose e in fiere invettive.
   Nel Convivio Dante creava nella lingua nostra un tipo di prosa, che non ha la fresca e graziosa semplicità di quella narrativa della Vita Nuova, ma è più elaborata e complessa, più varia, più matura e più robusta.
   Al Convivio si ricollegano i trattati latini De Vulgari Eloquentia e Monarchia. Il primo libro del De Vulgari Eloquentia