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Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

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a cura di Federico Adamoli

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   IL SECOLO XIV
   nel Bullett. cit., n. s., XXVI [1919], p. 7© e p. 105); A. Solmi, II pensiero politico di Dante, Firenze, 1921.
   Dallo scritto citato del Parodi su La Monarchia mi pare opportuno riferire alcune osservazioni e conclusioni. Il Parodi rileva come « una bella e meritoria e coraggiosa novità », lo scopo, « che il cattolicissimo Dante con piena coscienza si propose », di « mettere tanto in alto il fine della società da farlo apparire, più che subordinato, coordinato al fine sopraumano, o subordinato solo in una certa maniera (III, 16) ». La novità della Monarchia è dunque « non tanto nel propugnare l'indipendenza del potere civile, quanto nel fondarla sopra un indipendente valore della felicità umana ». — Per Dante 1' « ideale dell'avvenire è che ritornino i tempi imperiali del dominio di Roma sul mondo ». « Per i diritti del Popolo romano, Roma sarà sempre la capitale del mondo e la sede dell'Imperatore»: con l'Imperatore avrà ancora i due Soli (Purg. XVI, 106 e segg.), poiché ogni potere mondano travia e corrompe il Pontefice e la Chiesa. « Un'altra idea, che merita ammirazione e rispetto, e può chiamarsi l'utopia finale dell'umanità, è quella dell'Impero in certo modo arbitrale, che vigila sulle relazioni internazionali dei varii popoli e conserva la pace del mondo ». Ma il sentimento umanitario o cosmopolita si accorda in Dante con quello della patria: anzi egli, «com'era possibile in quelle condizioni e in quel tempo, rappresentò il futuro concetto dell'unità italiana. Quale più vera unità dell'Italia che essere sotto il dominio diretto dell'Imperatore, residente in Roma, la provincia prediletta e predominante dell'Impero ? » « Nella Monarchia, dunque, come nella Commedia, Dante fu veramente, e in senso più proprio e determinato che di solito non si volesse ammettere, il Poeta e Profeta della patria, anzi della nostra unità nazionale ; né a questo nuoce s'egli, non diversamente dagli apostoli e dai filosofi del Risorgimento, la concepì come un Primato ».
   42 Vedi V. Biagi, La Quaestio de aqua et terra di Dante ecc., Modena, 1907; F. Angelitti nel Bullett. cit., n. s., XV (1908), p. 161; G. Biagi nel voi. cit. Dante, La Vita, le Opere ecc. La Questio ecc., è accolta nel voi. cit. Le Opere di Dante ecc., edita a cura di E. Pistelli.
   43 G. Albini, Le egloghe latine, nel voi. cit. Dante, La Vita, le Opere ecc., p. 125. Dello stesso vedi la lettura nel voi. cit. Lect. Dantis, Le Op. min. di D. A., e Dantis eclogae ecc. : testo, commento e versione, Firenze, 1903.
   44 Vedi F. d'Ovidio, Studii sulla Divina Commedia, Milano-Palermo, 1901;
   F. Torraca, L'Epistola a Cangrande, nel voi. Studi Danteschi, Napoli, 1912;
   G. Vandelli, Bullett. cit., n. s., Vili (1901), p. 137; IX (1902), p. 273; XII (1905), p. 195; e XVI (1909), p. 21; ecc.
   45 Oltre l'ediz. del Pistelli (e di questo la nota Sulle epistole perdute e spurie) nel voi. cit. Le Opere di Dante ecc., vedi D. A. Epistolae. — Le lettere di Dante. Testo, versione, commento e appendici per cura di A. Monti, Milano, 1921. Vedi anche F. Torraca, Le lettere di Dante, nel voi. Nuovi Studi Danteschi, Napoli, 1921; G. Vandelli, Le epist. dantesche nel voi. cit. Dante, La Vita, le Opere ecc., e la lettura di F. Novati nel voi. cit. Lect. Dantis, Le Op. min. di D. A.