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Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   LA DIVINA COMMEDIA
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   quindi la virtù, l'ordine, la pace: le tre fiere ohe impediscono a Dante di salire sul colle sono, secondo i più, tre vizjj; lussuria (lonza), superbia (leone), avarizia (lupa). Ma altri crgde che la lonza significhi l'invidia; e per il Casella ciascuna delle fiere rappresenta una delle tre categorie dei peccati puniti nell'inferno : la lonza la frode, il leone la violenza, la lupa l'incontinenza. Questa interpretazione è modificata dal Flamini, il quale vede nelle tre fiere lo tre male disposizioni, cioè nella lonza la malizia, nel leone la malizia bestiale, nella lupa l'incontinenza.
   In aiuto di Dante viene Virgilio, simbolo della ragiono umana (vedi Purg. XVIII, 46 e segg.) e della, scienza della ragione, la filosofia. Ben poteva significar ciò, e ben adatta guida era Virgilio, 14 il grande poeta latino, il poeta prediletto dell'Alighieri, il cantore dell'Impero e della gloria di Roma, il preconizzatore, secondo una falsa interpretazione della egloga quarta, della venuta di Cristo; «il pagano, così il Bartoli, a cui più era rifulsa la purità cristiana », e il cui poema, secondo la interpretazione allegorica di quei tempi, aveva in fondo lo stesso senso della Commedia dantesca; il poeta che aveva narrato nell'Eneide il viaggio del suo eroe nel regno dei morti, e del quale Dante si vale più che di qualsiasi altro autore.
   All'uomo smarrito nella selva dei vizi, caduto in uno stato di vita passionata e colpevole, viene in soccorso la ragione umana, la quale gli fa palesi nella loro terribile nudità tutti i peccati e le terribili conseguenze di essi (viaggio per l'inferno); e gli dimostra il modo di redimere l'anima per mezzo dell'espiazione (salita della montagna del purgatorio), e di elevarsi dal peccato all'esercizio della virtù e alla felicità (paradiso terrestre), « alla beatitudine di questa vita la quale, dice appunto Dante nella Monarchia (III, 15), consiste nell'operazione della propria virtù e si figura nel paradiso terrestre ». Ma, come Dante nota in questo luogo della Monarchia, due fini sono proposti dalla divina provvidenza all' uomo, la beatitudine di questa vita e la beatitudine della vita eterna: e come alla beatitudine di questa vita veniamo per gli ammaestramenti filosofici, purché li seguiamo operando secondo le virtù morali e intellettuali, così alla beatitudine celeste veniamo per gli ammaestramenti spirituali, che trascendono l'umana ragione, purché li seguiamo operando secondo le virtù teologali. Fino al paradiso terrestre, lo stato virtuoso, l'uomo è guidato dalla ragione, dalla filosofia;