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Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   LA DIVINA COMMEDIA
   51
   111 Beatrice, che con lo splendor dei suoi occhi sempre più fulgidi, divenendo sempre più bella, trae Dante di cielo in cielo, e gli largisce spiegazioni e ammaestramenti teologici, soprattutto vediamo il simbolo; ma quanta umana soavità è in lei, quando discende nel Limbo a pregare ed esortar Virgilio di soccorrere l'amico suo sì che ne sia consolata, e li occhi lucenti la-grimando volse - per che lo fece del venir più presto ! E cinse, nel Paradiso Terrestre, nella drammatica scena dei rimproveri a Dante, prima di trasumanarsi del tutto nel simbolo, ella ancora ci appare donna, donna, nella purezza e nella elevatezza dei suoi sentimenti, nobilmente innamorata. Grli errori e le colpe di Dante l'hanno addolorata e ferita; ma nondimeno ha fatto tutto ciò che poteva per risollevarlo e guidarlo, e l'ha salvato. Quando nell'Empireo a Beatrice, che, compiuto l'ufficio suo, ha ripreso il proprio posto nel terzo giro dal sommo grado della celeste Rosa, Dante rivolge devotamente il suo ringraziamento e la sua preghiera, ella di lassù lo guarda e sorride. San Bernardo termina la sua orazione alla Vergine dicendo : vedi Beatrice con quanti beati - per li miei preghi ti chiudon le mani. Beatrice e tutti i Beati a mani giunte si uniscono alla preghiera di San Bernardo. E un quadro veramente di Paradiso: e l'immagine di Beatrice ci appare, per l'ultima volta, in questo atteggiamento dolcissimo di pietà e d'amore.
   Ho richiamato alla memoria mirabili figure ed episodi; ma la Divina Commedia bisogna contemplarla nel suo complesso e in tutti i particolari, nella sua unità, pur fra una varietà prodigiosa, e nella sua^ grandiosità. La poesia ne penetra e avviva tutta quasi la materia (pur dove questa è più arida e a risponder sorda, spesso trionfandone, o almeno dando luminosi guizzi e lampi), e dalla tragedia infernale si eleva all'estasi paradisiaca, ed ha in ogni cantica inesauribili tesori di bellezza,
   A tutte le fonti, che potevano essere aperte in quell'età alla sua mente dottissima, attinse Dante; ai libri biblici e ai santi padri, a poeti latini, massimamente a Virgilio, a filosofi e teologi;17 ma la forma artistica che dà alla materia è sempre sua, tutta sua. « Come poeta Dante, osserva il Comparetti, è del tutto creatore, e nulla v'ha che sia a lui tanto estraneo quanto l'imitazione»: «gli uomini di questa tempra non possono imitare, e anche quando vogliono imitare, creano »; e la riprova di questo fatto si ha subito che si prenda ad esaminare un qualche luogo