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Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   IL SECOLO XIV
   della Divina Commedia, dove l'autore abbia avuto certamente dinanzi un qualche esemplare classico, come, per esempio, l'episodio di Pier della Vigna. Dante ha ricordato (ed esplicitamente vi allude) quello di Polidoro nell' Eneide, ma fra l'episodio di Polidoro e quello di Pier della Vigna non vi è somiglianza che nel tèma, « mentre lo stile e l'arte sono al tutto diversi ». Ben pochi, pur fra i sommi poeti, hanno un carattere di così grande originalità come Dante, nella creazione della fantasia e nell'arte. Eccellente, sovrana è l'arte sua: lo stile, sempre stupendamente adatto e rispondente alla varia materia, è di una potenza maravigliosa, come il verso ricco di tutti i suoni e di tutte le armonie. Con Dante mostrò ciò che potea la lingua nostra, ed era nata da così poco tempo ! Dopo i brevi albori del periodo delle origini d'un tratto sfolgora la gran luce della Divina Commedia, il poema al quale veramente ha posto mano e cielo e terra; e la nostra letteratura, che si svolge nei secoli con tanta ricchezza e bellezza, ne è tutta dominata.
   La fama dell'Alighieri, 18 già grande quand'egli morì, sonò presto altissima, mentre si moltiplicavano i codici della Commedia. Giovanni Villani dà di lui una breve ma importante notizia biografica nella sua cronaca: nel terzo decennio del secolo si trovano i primi commentatori: nel 1373 Firenze commette al Boccaccio di leggere e spiegare in Santo Stefano il poema dantesco, ed altre città chiamano pure letterati allora illustri a commentarlo. Anche la pittura ne trae argomento e ispirazione.
   Il Trecento studiò e ammirò la Divina Commedia, ma soprat- i
   tutto come un vasto e profondo trattato dottrinale, un'opera di scienza sotto il velo delle invenzioni e delle forme poetiche; e dottrinale ed etica fu l'esegesi dei primi interpreti. Nel Quattrocento, nel fervore dell'Umanesimo, la Divina Commedia da molti letterati fanatici del latino non fu tenuta in pregio, perché scritta in volgare: né debitamente seppe apprezzarla il Cinquecento, che ben più gustò le Rime del Petrarca, e di questo faceva il suo idolo. Tuttavia non mancarono in quei due secoli molti lettori e ammiratori di Dante, e ben ne comprese la grandezza un altro spirito altissimo, Michelangelo Buonarroti: non poco se ne giovarono l'Ariosto e il Tasso. Ne furono poi studiosi e devoti Galileo Galilei e pochi altri: ma nel Seicento e per buona parte del secolo successivo, nel lungo periodo del de-