Stai consultando: 'Storia della Letteratura Italiana ', Giovanni Antonio Venturi

   

Pagina (255/334)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (255/334)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Storia della Letteratura Italiana

Giovanni Antonio Venturi
Sansoni Editore Firenze, 1929, pagine 327

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   248
   la lktteratltra italiana
   lettere e lasciò i Bicordi della vita e delle opere di O. B. Nicco-Uni (Firenze, 1866). 22
   Giuseppe Giusti 23 nacque il 13 maggio del 1809 a Monsum-mano in Val di Nievole: nell'istituto Zuccagni a Firenze ebbe maestro Andrea Francioni, il quale, come scrisse in una lettera famosa ad Atto Yannucci, fu l'unico maestro che gli fosse veramente tale, e che quindi egli sempre amò e benedisse di tutto cuore: andò quindi in collegio a Pistoia e a Lucca, riportandone poco profitto) poca educazione « e l'intimo convincimento di non esser buono a nulla ». « Di contraggenio » studiò legge a Pisa, dove consumò, egli diceva, più le panche dell' Ussero (famoso caffè) che quelle dell' Università; finalmente nel '34 si laureò. A Firenze fece le pratiche per l'avvocatura, ma già aveva cominciato a scrivere versi burleschi, e satirici, e, lasciate le leggi, si diede tutto alla poesia, dimorando generalmente a Firenze o a Pescia, spesso malazzato e tormentato da malinconia. Nel 1843 entrò in corrispondenza di lettere con Alessandro Manzoni, e nel 1845 andò a visitarlo a Milano, dove conobbe pure il Grossi, il Torti, il Rosmini ed altri. Intanto, salito al pontificato Pio IX, gli animi degl' Italiani si aprivano a lietissime speranze, alle quali partecipò anche il Giusti; ma gli dolse forte che la malferma salute non gli concedesse di poter andare a combattere contro l'Austria: durante il governo costituzionale in Toscana fu deputato all'assemblea legislativa. Morì a Firenze, soffocato da un trabocco di sangue, in casa di Gino Capponi di cui era ospite, il 31 marzo 1850.
   Il Giusti cominciò con versi giocosi (del genere di quelli di Antonio Guadagnoli aretino [1798-1858], che allora godeva di molta fama), e quindi si elevò alla satira, facendosene un'arma poderosa e formidabile contro gli oppressori della patria. Gli Scherzi, come egli soleva chiamare le sue poesie satiriche, corsero manoscritti per tutta l'Italia, lo edizioni poi se ne moltiplicarono suscitando un indescrivibile entusiasmo. Anche oggi però, in condizioni politiche fortunatamente tanto mutate, li leggiamo con grande diletto e ammirazione, e per i tempi che efficacemente rispecchiano, e perché, se parte della satira è propria di quelli e poco ci tocca ora, un'altra gran parte procede da quel fondo generale umano che in sostanza non si cambia mai: sono forse scomparsi i Girellai Vivace freschezza di lingua, fine arguzia, accorta scelta e varietà di metri dànno alla