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la lktteratltra italiana
si diede a scrivere il romanzo storico, l'Ettore Fieramosca, clie pubblicò nel 1833: otto anni dopo ne diedo in luce un altro, il Niccolò de' Lapi, atto anch'esso ad accendere all'amore della patria, perché si svolge nel tempo del glorioso assedio di Firenze. È rimasta popolare la figura del Fanfulla, che ha parte in tutt'e due i romanzi, i quali piacquero molto. Oggi però ben più volentieri leggiamo I miei ricordi del D'Azeglio, rimasti interrotti là dove avrebbero cominciato ad acquistare maggiore importanza storica, ma che, anche così, sono un attraentissimo e bellissimo libro: importante è anche l'Epistolario.
Il Guerrazzi,27 autore della Battaglia di Benevento, dell'assedio di Firenze, della Isabella Orsini, della Beatrice Cenci e di altri romanzi storici, oltre che di romanzi d'altro genere e d'opere storiche e d'altre svariate scritture, ebbe un ingegno straordinariamente vigoroso e molte belle qualità di scrittore; princi-palissima la ricchezza e padronanza della lingua. Con i pregi però si mescolano difetti gravi : troppo egli si compiace, negli avvenimenti e nei caratteri, del tetro e dell'orribile, troppo ostenta la propria iracondia e impreca e bestemmia, e spesso il suo stile è enfatico e declamatorio. Per tali difetti, non dandogli più, come una volta, popolarità l'intento politico che è l'anima dello sue opere, oggi egli è assai poco letto; e veramente se i suoi romanzi storici costringono qua e là all'ammirazione, ben presto anche stancano: certo ad essi preferiamo il grazioso racconto intitolato II buco nel muro, e quel piccolo capolavoro di arguzia e d'eleganza che è La serpicina. In altri tempi il Guerrazzi, amantissimo della patria e tutto acceso di sentimenti democratici, con l'impeto delle sue passioni e dei suoi sdegni, fu degli scrittori più cari alla gioventù italiana e più potenti ad infiammarla: com'egli stesso scrisse, dettò l'Assedio di Firenze non potendo combattere una battaglia. Nacque il Guerrazzi a Livorno nel 1804: giovinetto lesse le opere del Byron, che gli fecero profonda e incancellabile impressione; di sedici anni fu cacciato dall' Università di Pisa, « perché si mostrava troppo ardente per la rivoluzione di Napoli ». Visse per molti i.nni nelle cospirazioni e sempre sospettato e perseguitato: 38 ìel 1849, fuggito il Granduca Leopoldo II, fu a capo della Toscana, prima col Montanelli e col Mazzoni, poi solo: restaurata la dinastia dei Lorenesi, ebbe condanna all'ergastolo, mutatagli io quella del confine in Corsica, di dove fuggì nel- 1856. Dopo il '59 fu