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la letteratura Italiana
Dalla Francia il D'Annunzio, esultante per la impresa nella Libia, mandava alla patria le dieci Canzoni della gesta d'Oltremare (1911-1912); le quali, anche se talvolta ci raffredda la soverchia erudizione, l'evocazione storica poco spontanea, o troppo particolareggiata e prolissa, pur ci attraggono con finissimi pregi di stile, e non di rado ci rapiscono con l'impeto gagliardo. 43
La Canzone di Garibaldi, o più esattamente il solo canto che il poeta ne compose, La notte di Caprera (1901), e le Odi navali, di parecchi anni prima, erano le più importanti poesie di argomento patriottico del D'Annunzio,44 prima delle Canzoni della gesta d'Oltremare. Queste compongono il quarto libro (Merope) delle Laudi: i precedenti, Maia, Elettra, Alcione (1903 e 1904) (dei quali il primo, la Laus vitae, è come un grande preludio), non ostante le esuberanze che stancano e stordiscono, le artificiosità, le oscurità, sono pur ricchi di fulgide bellezze. Specialmente il libro III, Alcione, ha spesso una magìa deliziosa, e in vari canti, come La pioggia nel pineto, L'otre, La morte del cervo e altri, l'arte raggiunge una maravigliosa perfezione: così pure in alcuni dei sonetti, nel libro II, su Le città del silenzio.
Tutti sanno qual parte abbia avuto il D'Annunzio nella grande guerra e poi negli avvenimenti di Fiume. Della guerra non fu soltanto poeta ed oratore acclamato, ma uno dei combattenti più tenaci e intrepidi, l'eroe di audacissime e famose imprese. La Licenza, che segue il racconto La Leda senza cigno (1916), rievoca fatti, impressioni, ricordi guerreschi, e si ricollega col Notturno. Il D'Annunzio, durante la guerra, per una disgrazia aviatoria, per la quale perde la vista d'un occhio, fu costretto a giacere per molto tempo, quasi del tutto immobile, nell'oscurità; e allora pensò e, con prodigiosa pertinacia, pazienza e abilità, riuscì a scrivere « riga per riga, su più che diecimila cartigli ». il libro che intitolò Notturno, e pubblicò nel 1921. Nelle parti più schiette e più vive di « questo commentario dello tènebre », come lo chiama l'autore, ricordi, passione, fantasie, meditazioni, ansie, allucinazioni angosciose e meravigliose visioni trovano sfogo ed espressione ardente e potente. Vi sono anche tratti di soave bontà e di una grazia squisita.
Pur di carattere autobiografico, e opere d'arte mirabile, sono Le faville del maglio: tomo primo, Il venturiero senza ventura, ecc. (1924); tomo secondo, Il compagno dagli occhi senza cigli, ecc. (1928).