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era capace di eseguire. Il macchinista però, avvisando l'apparenza povera d'Arkwright ed il carattere dubbio dell'impresa, stette in forse; ma la sera del medesimo giorno acconsentì a prestare all'orologiaio l'aiuto di un fabbro o di un meccanico per eseguire le parti più massiccie della macchina, mentre egli stesso avrebbe condotto le parti più delicate, il tutto sotto la direzione dell'inventore Arkwright. E cosi, senza capitali e senza incoraggiamenti, il povero barbiere di Bolton costruì la sua prima macchina, Ì risultati giganteschi della quale la sua immaginazione, per quanto fervida, non aveva mai'sognato. Questa reliquia veneranda del progresso materiale fu fortunatamente preservata ed ammirasi nel museo Kensington a Londra.
Ecco ora uno specchio dei risultati prodigiosi della invenzione di Arkwright desunti da un recente opuscolo di Arturo Arnold intitolato The coiton fantini (La carestia del cotone).
« Nel 1860 annoveravaasi in Inghilterra 2050 filande che davano da lavorare a 440,000 persone, delle quali 90 per cento adulti e 56 per cento donne. Una forza uguale a quella di 300,000 cavalli, dei quali 18,500 in forza acquatica, metteva in moto il macchinismo guidato e governato da occhi pronti e dita attive. Fra gli altri offici compiuti da questa forza gigantesca era quello del girare di oltre trenta milioni di fusi a ragguagli varianti da 4000 a 6000 rivoluzioni al minuto. Ciascuno di questi fusi consumava 9 oncio e mezzo di cotone per settimana e la loro provvigione totale per l'anno eccedeva per conseguenza 1,050,000,000 libbre di cotono. Il consumo totale nell'anno, compreso lo sperpero, ammontava a 1,083,000,000 libbre e la quantità totale importata a 1,390,000,000 libbre; 350,000 telai a macchina (power4oom) lanciavano con infalli-