XXXVI.
La macchina a vapore perfezionata da Giacomo Watt.
Dopo aver imparato ad accomodare sestanti, compassi e altri sifiatti strumenti nautici sotto il fabbricante Morgan, il giovine Giacomo Watt si allogò, per procacciarsi un sostentamento, nell'università di G lasco via come racconciatore degli strumenti scientifici dei professori. Fra gli strumenti della classe di filosofìa naturale, come costumano gl'inglesi chiamar la fisica, era un modello della macchina a vapore di Newcomen la quale, per qualche difetto di costruzione, non aveva mai potuto agire; ed esaminati questi difetti, Watt' trovò in primo luogo, che la caldaia era troppo piccola in proporzione alla colonna d'acqua che il vapore doveva alzare, e in secondo luogo, che il bronzo ond'era composto il cilindro, asportava una gran parte del calore, mentre una superfìcie troppo vasta era esposta al vapore. Queste osservazioni il trassero a fare varie esperienze sul vapore e sul modo di applicarlo direttamente e insieme di produrre il vuoto. Watt era stato intrinseco del professore Black, aveva assistito a' suoi esperimenti sul calore ed aveva appreso da lui la vera causa dell'evaporazione e della condensazione. Quand'egli perciò, cominciò a fare esperienze sull'applicazione meccanica del vapore, sulla sua espansione e condensazione, egli godeva già del vantaggio inestimabile di conoscere a fondo i principii da cui dipendevano i suoi cambiamenti e la sua azione. L'esperienze sue proprie rivelarongli ora le causo che determinano la rapidità