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impresa senza esempio nella istoria e da eseguirsi con metodi ed apparecchi di nuova invenzione, sui risultati dei quali i rapporti della Commissione della Coscia, comecché importanti, non erano però pienamente rassicuranti.
Si trattava di un traforo cieco di oltre 12 chilometri, sottostante da 500 a 1200 metri a montagne coperte di ghiaccio, da scavare senza pozzi e per mezzo di due sole fronti di attacco. Bisognava quindi ricorrere alla perforazione meccanica, all'impiego di poderosi ageuti motori i quali, dovendo necessariamente essere stabiliti fuori della galleria, implicavano la necessità di un sistema di trasmissione semplice ed efficace che, a distanze di più chilometri fra il sito del motore e quello dell'attacco, mettesse in moto le macchine.
Trovato quest'organo trasmettitore, sorse spontanea l'idea di utilizzare la forza idraulica dei torrenti che scorrono in vicinanza degli imbocchi e con potenti cadute fra quelle balze alpine. Dopo i felici risultati ottenuti da Triger fin dal 1846 nelle miniere carbonifere della Loira coll'aria compressa; dopo la proposta del Piatti (19 febbraio 1853) che invocava l'attenzione degli scienziati sull'efficacia dei mezzi pneumatici; e dopo le esperienze della Commissione della Coscia sugli apparati di Sommeiller, Grandis e Granoni, l'aria compressa presentavasi appunto come l'organo di trasmissione dinamica più confacentc allo scopo. Compressori per trasformare la forza idraulica in elasticità d'aria compressa, recipienti per accumularla ed approvigio-narla, condotti per farla defluire nell'interno della galleria alla distanza di oltre sei chilometri, macchine perforatrici mosse dalla medesima forza e destinate ad accelerare il lavoro —ecco il complesso di tutti i mezzi che trattat asi di porre in opera per traforale le Alpi;