Almanacco Italiano 1904 (parte seconda) di
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GLI SCIOPERI NEL 1902
Il totale dei Comuni nei quali si estesero gli scioperi è, per l'anno 1902, di 717 (739 nel 1901); gli scioperanti furono 346,497 (300,074 nel 1901); il numero degli scioperi 1087 (1346 nel 1901); le domande degli scioperanti per ottenere aumento di mercede 606, per ottenere diminuizione delle ore di lavoro 176, modificazioni ai metodi di lavoro 46; per motivi di varia natura 383; per modificazione ai patti colonici 84.
563 scioperi terminarono con beneficio degli scioperanti ; 524 non recarono beneficio. Invece nel 1901 furono 815 gli scioperi terminati con beneficio degli scioperanti e 531 quelli senza alcun beneficio.
1050 scioperi importarono la chiusura temporanea delle fabbriche, 8 soli la chiusura definitiva e 29 nessuna sospensione.
108 scioperi cessarono per l'intervento dei prefetti, 160 per quello dei sindaci, 163 per quello di altre autorità, e 34 furono sottoposti ad arbitrato.
Per 73 scioperi intervenne nel regolamento della vertenza la lega dei socialisti; per 242 la Camera del lavoro; per 38 i rappresentanti politici e 26 per la lega cattolica.
915 furono i processi per reati contro la libertà del lavoro, e 1187 gli imputati. Di questi furono assolti 479 e condannati 558, con un totale di 830 sentenze.
Il movimento operaio si manifesta anche nel 1902 assai più nell'Italia settentrionale che in quella centrale e più in questa che nel mezzogiorno; ultime vengono le isole.
L'Italia settentrionale dà 233,913 scioperanti con 777 scioperi in 532 Comuni: degli scioperi 393 diedero vantaggio agli operai e 385 non ne diedero alcuno.
L'Italia centrale dà un numero di 62,404 scioperanti con 189 scioperi in 115 Comuni: e furono benefici agli operai 102 scioperi e 87 no.
Il Mezzogiorno diede 39,417 scioperanti con 70 scioperi in 38 Comuni; 39 scioperi diedero beneficio agli operai e 31 no.
Le Provincie che ebbero maggior numero di scioperi agrarii sono: Rovigo (71), Pavia (39), Novara (31), Bologna (23), Ferrara (18), Mantova (14), Verona (14).
Le Provincie che ebbero maggior numero di scioperi industriali furono: Milano (76). Genova (29), Como (26), Novara (25), Cuneo (14).
E per le industrie minori: Milano (35), Genova (35), Bologna (28), Roma (21), Pavia (20).
Da tali cifre, che togliamo dalla Relazione ufficiale della Giunta generale del Bilancio sullo stato di previsione della spesa del Ministero dell'Interno, discendono le seguenti deduzioni :
?) che gli scioperi delle grandi e piccole industrie furono più che altrove frequenti in Milano e generalmente in Lombardia, in Liguria ed in Piemonte;
?) che gli scioperi agrarii sono come numero e come entità di gran lunga dimi-
nuiti in confronto di quelli dell'anno scorso, sebbene la prevalenza numerica di essi si mantenga in quelle Provincie che tenevano 1 primi posti nell'anno precedente;
e) che gli scioperi commerciali sono quasi del tutto scomparsi in Italia;
d) che in genere il movimento dei lavoratori agricoli e industriali continua pur sempre nelle stesse proporzioni con cui si era manifestato nel 1891, e con esito in maggioranza favorevole ai lavoratori.
Ed anche quest'anno le cifre dimostrano che là dove è maggiore la coltura intellettuale delle masse e più civili le consuetudini di vita, ivi più urgono i reclami per un migliore trattamento della mano d'opera»
E il relatore, l'on. Mazza, prosegue dicendo:
u Questi risultati statistici ci dispensano da inutili commenti. Se fino a ieri una parte politica volle manifestare le sue preoccupazioni sullo svolgersi di questo mirabile movimento sociale, e uomini di governo pensarono che esso movimento avrebbe potuto portare alla ravina gli ordini sociali e tutto sconvolgere, ora a parere del relatore, la breve ina efficace esperienza ha dimostrato che i rapporti fra capitale e lavoro seguono le stesse leggi di quelii dei baratti commerciali, presso i quali sola fonte di prosperiti è la libera concorrenza e l'equilibrio cha nasce dal naturai contrasto della domanda e della offerta.
Quindi, libertà di sciopero e di lavoro, neutralità delio Stato nella contesa. Da tal via ormai non è possibile uscire. Ogni conato per resistere al fatale andare di questo movimento sarebbe follìa; come follìa sarebbo il pretendere di ordinarlo con leggi positivo e con regolamenti. Esso movimento è così spontaneo che non soffrirà limitazioni di nessuna natura; e se è vero che talora gli scioperi siano dalle moltitudini operaie deliberati senza maturo giudizio e non di rado perciò finiscano con la loro sconfitta, questa stessa sconfitta li ammaestrerà nella lotta e li inciterà a scendere in campo solo là dove il capitale tragga dalla azienda ancora un margine notevole di utili, e quindi consenta la possibilità di ulteriori rivendicazioni del lavoro! „
Cav, Aug,* Barbanti-Bròdano
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