Almanacco Italiano 1911 di
siccome nel calendario romano il 24 febbraio si chiamava serio Kalendas Martii, 11 giorno intercalato fu detto bis sexto kal. Martii, e l'anno che aveva tale intercalazione, fu chiamato bisestile. L'anno doveva cominciare al 1» gennaio, e l'equinozio di primavera fu fissato al 25 marzo. La divisione giuliana in mesi, e l'intercalazione quadriennale sono seguite anche oggi da tutte le nazioni cristiane.
Calendario Romano antico.
Gli antichi romani non contavano i giorni dell'anno secondo il loro numero ordinativo nel mese, ma rispetto alle colende, alle none, agli idi di ogni niose. Le calende (Kalendae; acc. Kalendas; abl. Kalendis) cadevano il primo giorno del mese: le none (Nonae; acc. Nona.*; abl. Nonis) al settimo giorno dei mesi di marzo, maggio, luglio e ottobre, al quinto di tutti gli altri; gli idi (nom. e acc. Idus, ablativo Idibus) otto giorni più tardi delle none, cioè al 15 in marzo, maggio, luglio e ottobre, al 13 nel resto dell'anno. Per indicare gli altri giorni,'dicevano l'ordine che questi avevano avanti alle calende, alle none, agli idi; per cui i giorni che precedevano immediatamente i tre dì ora accennati, erano pridie Kalendas, pridie Nonas, pridie Idus; i giorni ancora precedenti erano tertio Kalendas, ec.
Riforma Gregoriana.
L'anno civile introdotto da Giulio Cesare era di 3G5 giorni e un quarto; e poiché l'anno tropico era veramente di 365 giorni, 6h, 48', 46", cosi quella differenza lieve in principio, accumulandosi con l'andare degli anni, turbò l'accordo fra i mesi e le stagioni, indispensabile a tutti gli usi civili del calendario. Il pontefice Gregorio XIII stabili di porre rimedio all'inconveniente, e udito il parere di molti astronomi, su proposta di Antonio Lilio, decise nel 1582: 1« che per rimettere al primitivo posto l'equinozio di primavera che con tutto il calendario avanzava allora di 10 giorni, si sottraessero dall'anno che correva, i dieci giorni di anticipazione, passando dal 4 ottobre al 15 del mese stesso (fu scelto quel periodo perchè non vi cadevano feste solenni); 2» che per prevenire ogni futura alterazione poiché il calendario giuliano portava ogni quattrocento anni un'anticipazione di circa 3 giorni, si stabilisse che gli anni centenari, ovvero gli ultimi di ogni secolo, fossero comuni invece che bisestili, ad eccezione del quarto centenario (ossia degli anni divisibili per 400) che restavano bisestili. Quindi gli anni 1600 e 2000 sono bisestili; 1700, 1800, 1900 furono comuni. Questa riforma lascia tuttavia una lieve differenza, che peraltro non arriva a formare un giorno intiero se non dopo 4000 anni.
Il calendario gregoriano, pubblicato con bolla pontificia del 24 febbraio 1582, fu adottato subito in Italia, in Spagna e in Portogallo, nell'anno medesimo in Francia e nei Paesi Bassi, più tardi in Ungheria, in Polonia, in Germania, in Svizzera, in Inghilterra; ed ora uon restano ohe la Russia, la Grecia,
l'Armenia e qualche altra nazione cristiana d'Oriente, che seguano tuttora il calendario giuliano.
Computo ecclesiastico.
Si dà questo nome ai calcoli che servono a fissare il calendario ecclesiastico, e agli elementi sui quali i calcoli stessi riposano. Il calendario ecclesiastico è regolato tutto sulla Pasqua di Resurrezione, che è la maggior festa della cristianità, e che secondo le decisioni della Chiesa(') deve essere celebrata la prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera, ossia dopo il plenilunio che cade il 21 marzo o immediatamente appresso: quindi non può venire prima del 22 marzo (perchè se il plenilunio cade in domenica, la solennità è rimandata alla domenica appresso), nè più tardi del 25 aprile.
Elementi del computo ecclesiastico.
Il ciclo solare è un periodo di anni 28, che riconduce a corrispondere nello stesso modo i giorni della settimana con i giorni del mese. Non si sa da chi sia stato inventato nè quando: al primo anno dell'era volgare si assegna il numero 9 in questo ciclo.
Il ciclo lunare è un periodo di anni 19, il quale, secondo l'astronomo greco Metone, corrisponde esattamente a 235 lunazioni: di guisa che allo spirare del ciclo, le fasi della Luna ricominciavano precisamente agli stessi giorni dell'anno. Il numero che ogni anno ha nel ciclo, si chiama numero d'oro. Il primo anno avanti l'era volgare porta il numero uno come numero d'oro.
L'epatta, immaginata da Luigi Lilio nel 1582, non è altro che l'età della Luna al primo gennaio, cioè il numero dei giorni passati della lunazione in corso; e siccome la lunazione, nel computo ecclesiastico, si considera di 30 giorni (29 giorni e una frazione del 30») cosi l'epatta può essere un numero qualunque compreso fra 1' 1 e il 29, più un asterisco * che sta in luogo dello zero
0 del 30. L'epatta si segna in numeri romani. Siccome ogni anno, compiute 12 lunazioni, avanzano 11 giorni, cosi l'epatta di un anno equivale a quella dell'anno precedente più 11 giorni, salve alcune correzioni delle quali non è il caso di discorrere.
La indizione è un periodo cronologico di 15 anni che non ha alcun rapporto col corso degli astri. I eronologisti assegnano all'anno
1 dell'era volgare la indizione 4.
La lettera domenicale è quella che indica nel calendario perpetuo gregoriano le domeniche. In questo calendario tutti i giorni dell'anno dal 1» gennaio in poi sono distinti con una lettera dell'alfabeto, daii'A alia G per ordine, e ricominciando sempre da capo: in tal modo so la lettera domenicale di un anno è B, vuol dire che tutti i giorni segnati
(1) È cosa detta e ripetuta in conto libri che la regola dell» Pasqua fu decretata dal Concilio di Nicea tenuto nell'anno 325, ma tale affermazione non è esatta.
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Almanacco Italiano 1911
Piccola enciclopedia popolare della vita pratica
di
Bemporad Firenze 1904
pagine 710 |
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Pagina (177/461)
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