Almanacco Italiano 1911 di
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chè, anzi, 1 più strenui difensori delle teorie suddette hanno visto ben profondamente i canali.
L'astronomo Green, una trentina d'anni fa, emise l'idea che 1 canali non fossero altro che linee fittizie originate al limite di regioni differentemente colorate; questa ipotesi può esser vera in parte, ma, certo, non tutti i canali potrebbero avere questa origine. Sempre rimanendo nel campo delle ipotesi ottiche (chè per parlare degli altri soggetti, su cui si è sbizzarrita la fantasia di tanti astronomi e pseudo-astronomi, occorrerebbe un volume) troviamo un'Immensa varietà di ricerche. Geniale, benché non priva d'inverosimiglianza, è quella del Lane, che sostiene essere i canali di origine puramente soggettiva, causati dalla forma delle regioni chiare su cui li vediamo; in altre parole, il Lane afferma che, dove non c'è nulla, l'occhio può riuscire a veder qualcosa, specialmente sotto l'apparenza di linee. Per dimostrare tale soggettività della sensazione, egli prese dei dischi, perfettamente bianchi e, postili a conveniente distanza, vide comparirvi dei sistemi di linee, slmili ai canali di Marte; l'esperimento fu ripetuto con diversi osservatori, e con tutti si ebbero risultati concordanti.
Ma certo l'esperienza del Lane non esauriva la quistione: la superficie di Marte è troppo varia da un punto ad un altro per doversi ritenere nelle stesse condizioni in cui poneva i suoi dischi l'esperimentatore.
Una terza ipotesi, di tutte la più seducente, propugnata dagli astronomi più rinomati, ha trasportato lo studio ottico dei particolari areografici sopra un nuovo terreno, più solido e positivo che non fossero tutte le basi delle passate teorie. La Teoria ottica, che trovò apostoli zelanti come Evans e Maun-der ed un partigiano fervidissimo nel New-oomb, ha avuto a fondatore uno dei nostri più illustri ed autorevoli astronomi viventi, il dott. Vincenzo Cernili che, con raro esempio di amore alla scienza, ha elevato sulla collina di Colluracia presso Teramo, uno dei più belli osservatori astronomici.
I capitoli principali sui quali la Teoria ottica è basata, tenterò di riunirli qui sotto, cercando quanto più posso di esser chiaro e conciso.
Allorché Marte è molto vicino, quando cioè ci presenta il disco più grande, esso dista da noi almeno 146 volte più della Luna; l'ingrandimento utile che possiamo applicarvi, senza venir tanto disturbati daila nostra atmosfera, non supera le 600 volte : un semplice rapporto ci dice che allora, in grazia del telescopio, da 146 la distanza sarà ridotta a l48/eoo cioè a V« circa della distanza della Luna.
Dunque, quando noi osserviamo Marte in uno dei più grandi telescopi è come se guardassimo la Luna ingrandita quattro volte dal più semplice binocolo. Ma in questa ipotesi non abbiamo tenuto conto delle agitazioni dell'atmosfera che, mentre riescono insensibili nell'immagine lunare fornita dal binocolo, sono addirittura disperanti nelie osservazioni telescopiche oon forti amplificazioni.
Ora è evidente che nella Luna, oon un debole ingrandimento di quattro volte, nonriusciamo a distinguere nessuna delle formazioni caratteristiohe della sua topografia, come, per esempio, 1 crateri, le valli, 1 crepacci; ma solo si intravedono ammassi oscuri e chiari in cui queste, che chiameremo unità fisiche, sono nascoste. Lo stesso avviene per Marte: ciò che possiamo vedere alla sua superficie, sono soltanto ammassi, più omeno definiti, di elementi fisici a noi individualmente invisibili; come per le macchie della Luna poco o punto ingrandita (ma in cui la \ ista è sempre in coudizioni migliori che non rispetto a Marte nel più potente strumento) queste del pianeta sono sintesi di macchie unitarie.
Se ora prendiamo un piccolo canocchiale e lo puntiamo sul nostro satellite, ecco che gli ammassi prima veduti scompaiono e vediamo comparire le vere unità fisiche: 1 crateri, le catene montuose, le valii, ec., che noi eravamo infinitamente lontani da supporre nelle macchie irregolari della Luna ingrandita quattro volte. Se dunque potessimo metterci in condizioni tali da amplificare l'immagine di Marte come possiamo amplificare la Luna del binocolo, tutto quanto vediamo su questo pianeta di macchie oscure e di linee, sparirebbe completamente e subentrerebbero le vere unità fisiche da cui traggono origine le macchie.
Con un po'd'attenzione si riescono a trovare nella Luna ad occhio nudo e col binocolo dei sistemi di linee oscure, corrispondenti ai massimi di distribuzione delle macchie, perfettamente simili alle linee di Marte. I canali dunque non sono unità fisiche del pianeta, ma massimi di distribuzione degli spazii osouri sparsi nelle regioni e suscettibili con ulteriori ingrandimenti (attualmente impossibili) di trasformarsi e trasformarsi ancora.
In questo sta la base della teoria ottica; essa distinguesl dalla fisica perchè 1 partigiani di quest'ultima stimano aver dinanzi le vere forme areografiche, stimano cioè che quando il telescopio e 1*educazione dell'occhio raggiungano 11 massimo di perfezione, le linee fini aumenteranno d'intensità e di nettezza. Nello stesso modo, tutta quella serie di cambiamenti, finora considerati dalla teoria fisica come manifestazioni della vita astrale del pianeta, vicissitudini meteorologiche od altro, non traggono la loro origine che dalla grande instabilità che hanno gli ammassi di unità fisiche ; instabilità causata da differenze di profondità visiva da parte dell'osservatore, dal grado d'illuminazione dei particolari e così via.
La teoria ottica è l'anello di congiunzione dell'astronomia alia fisiologia; l'occhio dell'astronomo, che pure ha tanta parte nelleos-servazioni planetarie, è stato finora poco studiato; il meccanismo della visione telescopica è complicatissimo e merita di esser conosciuto più di ogni altro fattore, poiché, prima d'indagare gli aspetti di un pianeta è naturale che indaghiamo con qual regola si manifestano a noi le sensazioni che l'obiettivo dello strumento ha raccolte. A questo ha pensato 11 Cernili, e la sua teoria è tutta improntata a questo studio.
Vediamo in qual modo l'elemento Oslo-
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Almanacco Italiano 1911
Piccola enciclopedia popolare della vita pratica
di
Bemporad Firenze 1904
pagine 710 |
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Pagina (204/461)
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