Almanacco Italiano 1911 di

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      che le isolette ove poi sorse Venezia, fossero invase dai primi fuggiaschi incalzati dalle orde barbariche. Questa sua anzianità creò a Murano diritti, che la più giovane sorella, fatta poi grande e potente, riconobbe sempre.
      Nel quinto secolo, la popolazione della città era così accresciuta, che molte famiglie emigrarono a Venezia. Salvo un breve periodo, dal 1171 al 1275, in cui fu aggregata a questa città, Murano si resse sempre con pro-prii statuti e proprio leggi civili e criminali. E fu appunto dopo che il maggior Consiglio di Venezia ebbe deciso di concentrare in Murano tutte le fabbriche di vetrerie — nel 1291 — che la sua prosperità grànde incominciò. Nei secoli XV e XVI la città contava trentamila abitanti, era ornata da diciassette chiese tutte monumentali, da palazzi splendidi, da giardini, accademie, ecc. L'isola intera non era che un gioiello e una corte.
      Principi e signori, d'Italia e dell' estero, si recavano a visitare la bella, opulenta, laboriosa città — la quale, in onore dei suoi ospiti, bandiva feste e cene, sicché i vastissimi giardini dei palazzi patrizi risuonavano di serenate e di lieti ed intellettuali conversari.
      Si legge ancora, in antiche cronache veneziane, parlando di Principi, di Re, di Imperatori :
      .... fo condoto a veder el tesoro de Misier San Marcilo et a vedar far veri a Muran. „ E ancora:
      .... Monsignor de Vendòme, con gli altri signori francesi, andono con le barche picole a Muran, a vedar far veri da Anzoleto Barovier et visto la botega li fo dito tolesse quel che il volesse.... „
      Così i principi stranieri onoravano di lor visita le fabbriche dei u veri „ ed i Senatori ed i Savi della Repubblica erano loro scorta, chò se ne ritenevano obbligati e lusingati.
      Era il tempo, in cui Murano andava celebre anche per la sua scuola di pittura : la scuola, che aveva precorsa la gloriosa pittura veneta. Bartolomeo Nason ne era il fondatore, e secutori erano Giovanni d'Alemagna e Antonio da Murano e i Vivarini antesignani del Carpaccio.
      Ma la gloria maggiore della vaga isola erano i suoi vetrai. I Seguso, i Toso, i Barovier, i Fuga, maestri nel comporre, col vetro, le più peregrine, le più maliose tinte che l'iride svolganel suo arco policromo in cielo, erano pur maestri nell'arte di materiare questo tinte trascendenti entro la vaga e fragile forma dei loro vetri.
      Nessun segreto delle più strane miscele era loro ignoto, per imitare la porpora del sangue e l'azzurro terso dell'aria e il verde smeraldino delle prime gemme sbocciate sui pioppi e il liquido oro dell'onda quando il sole discende ad occaso.
      E i segreti passavano di padre in figlio: era una tradizione di famiglia, che nessuno avrebbe osato rivelare ; era una religione d'ideale che nessuno avrebbe osato tradire. Dal canto suo la Repubblica raddoppiava la severità del suggello con le sue leggi severe : non era lecito a un vetraio allontanarsi dalla Repubblica senza il permesso dei Savii. Chi osava trasgredire, era condannato nella persona e negli averi e i suoi prossimi perseguitati e martoriati.
      In cambio la Serenissima compensava i Maestri con onori e con ricchezze. In un tempo in cui erano vietate, pena il bando e anche il capo, le nozze fra nobili e plebei, era consentito a un gentiluomo veneziano condurre in moglie la figlia di un vetraio muranese, come chè a costui era conferita la nobiltà del suo lavoro, il quale tornava di gloria e di ragione di ricchezza alla Repubblica.
      Ma col decadere della potenza veneziana, anche Murano, così intimamente legata alla sua grande sorella, decadde. D'altra parte, l'invasione della malaria nella laguna, il progressivo deprezzamento dell'industria vetraria, costrinsero i muranesi ad emigrare. Così, lentamente, la città si vuotò : i palazzi furono lasciati deserti, preda agli assalti del tempo ; le chiese, troppo numerose ormai, furono abbattute. Là. dove sorgevano i famosi horti muranesi, vivi di fontane zampillanti, ricchi di piante esotiche, grato riparo alle discussioni accademiche, ai tornei poetici, ai dolci amori — e quelli di Gaspara Stampa e di Collatino di Collal-to rimangono i più noti ancor oggi, per il verso ardente ed agitato della poetessa — abitati già da artisti, da pittori insigni, da nobildonne e nobi-luomini.... si fecero desolate e povere ortaglie, ove ancor oggi spadroneggiano il cavolo e l'insalata.
      Dei palazzi Grimani, Zorzi, Giusti-nian Morosini, Corner, Pisani, Moro, Capello, Manin ed altri ancora, di dieci


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Almanacco Italiano 1911
Piccola enciclopedia popolare della vita pratica
di
Bemporad Firenze
1904 pagine 710

   

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