Almanacco Italiano 1911 di

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      nelle vetrerie per ammirare, oltre i prodotti, l'arte che li suggerisce, e per stupire di trovarsi dinanzi a mezzi di fabbricazione ancora del tutto primitivi e tradizionali.
      I lettori non hanno però che a seguirmi per persuadersene.
      Entriamo nella fucina della Ditta Zuffi, o in quella dei Ferro Toso : è lo stesso. La tradizione è inviolata. Ovunque troveremo l'identico ambiente patriarcale, quasi direi preadamitico. Nel mezzo di uno stanzone affumicato, non precisamente inondato di luce, sta il gran forno circolare forato di bocche, che sembra debbano vomitar lava. Là dentro, in grandi mastelli di terra refrattaria, sta sciolto il vetro, secondo i vari colori. È una pasta vischiosa, incandescente anch' essa.... Attorno, in manica di camicia, con i volti accesi e sudati, armati tutti di lunghe canne di ferro, stanno gli operai.... più in qua più in là rozzi scanni di legno a braccioli.
      Fermiamoci accanto ad un operaio, che, in cima alla lunga canna, ha qualcosa di arroncigliato esposto al calore del forno. Non si capisce che cosa sia; stiamo a vedere.
      Ecco: il vetraio estrae dalla buca infocata l'oggetto: rapido siede sullo scanno di legno, poggiando a traverso i braccioli la canna. Subito un compagno sopraggiunge, la cui canna ha pescato nella mastella e ne ha estratto un bioccolo di vetro liquido. I due non si dicono nulla, nè quello seduto esprime un ordine, nè quello in piedi for-mola una interrogazione. Con una sollecitudine quasi meccanica, il primo volge da ogni lato l'oggetto — che ora si vede essere una specie di corno caudato — e il secondo appiccica qua e là un po'della sua materia fusa, che l'altro taglia con un colpo di forbice. 11 compito dell'aiuto non va oltre: l'operaio artista è quello seduto: con una semplice pinza di ferro eccolo stiracchiare la nuova materia appicciccata, con una forbice la denteila, con la pinza daccapo la arriccia, la morsella, la sfrangia.... Là, là e là! in un baleno la mètamorfosi è compiuta : dal corno caudato ecco uscir fuori un delfino con le fauci spalancate, le pinne distese, la coda ritta, che ricacciato nel forno per l'ultima definitiva saldatura, poi messo a raffreddare lentamente, in una specie di galleria che sovrasta il forno e se ne dilunga, andrà a finire sulla mensa di qualche elegante dama, per-ch' ella goda del profumo e della vistadei fiori raccolti nella gola del mostro. Con la stessa semplicità e rapidità, con la stessa penuria di arnesi, si costruiscono delle rere foreste di cristallo; quelle lumiere grandiose piene di foglie di fiori di viticci di grappoli di frutti, che dall'esser destinate in antico a reggere unicamente candele, sono state oggi adattate a ricevere le serpentine fiammelle della luce elettrica. Come ho già detto, così sono stato fabbricate le magnifiche colossali lumiere che abbelliscono e rendono sontuosa la sala del Padiglione Italiano all'Esposizione di Bruxelles, la quale ha segnato nell'anno passato un così invidiabile e non immeritato trionfo per l'arte e il genio italiano.
      Ed anche con lo stesso sistema semplicissimo si fabbricano le boccie più sottili di cristallo, le coppe, i famosi " soffii „ che non rubano davvero il loro nome e sembrano alito solidificato. Ma qui, più della genialità dell'operaio, occorre posseder polmoni robusti ed obbedienti al pari della mano per misurare il tanto del fiato che occorre per ottenere il voluto resultato di volume, di forma, di trasparenza.... La materia fusa, presa in cima alla canna si gonfia come una bolla di sapone a furia di fiato, si fa roteare per aria, si arrotonda sopra una lastra- di ferro, e tutto questo con atti solleciti, incessanti, perchè la materia fluida non abbia tempo di rassodarsi prima di aver assunta la voluta forma.
      Curioso è anche veder fabbricare i fili di vetro bucati, con i quali si fanno le conterie. Anche qui gli operai sono due : uno prende il vetro fuso e lo soffia — e se le margherite dovranno risultare di più colori fa rotolare la palla sopra una lastra sulla quale sono stati disposti dei pezzettini di vetro colorati. Ricuoce allora la sua pasta, vi risoffia dentro, ed ecco l'altro operaio, che con un arnese di ferro, fora il centro della palla, e senza lasciar presa corre dall'altra parte della fucina: la pasta si distende, si assottiglia, si allunga come un interminabile maccherone. Non si capisce bene il perchè, ma il buco che l'aiutante fa nella compatta palla si mantiene per tutta la lunghezza del filo, per quanto sottile diventi. Il quale, poi, tagliato con macchine apposite si converte nelle margheritine ben note....
      Naturalmente tutto ciò che si fa nelle vetrerie di Murano non è limitato a questa breve descrizione. Occor-


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Almanacco Italiano 1911
Piccola enciclopedia popolare della vita pratica
di
Bemporad Firenze
1904 pagine 710

   

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