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desiderava di d'Àrtagnan non era a lui che occorreva domandarle.
Quando il cardinale sentì pronunziare qualche parola dal luogotenente dei moschettieri, riconobbe la sua origine guascone; e» italiani e guasconi si conoscono troppo bene e si somigliano troppo per rimettersi reciprocamente al giudizio degli uni sugli altri. Laonde, arrivando al muricciolo da cui il palazzo reale era rinchiuso, il cardinale bussò a una piccola porta, situata press'a poco ove adesso si trova il caffè di Foy, e, dopo aver ringraziato d'Àrtagnan e averlo invitato ad attenderlo nel cortile del palazzo reale, fece segno a Guitaut di seguirlo. Tutti e due discesero da cavallo, rimisero le briglia delle loro cavalcature al lacchè che aveva aperto la porta e disparvero nel giardino.
— Mio caro Guitaut, — disse il cardinale, appoggiandosi al braccio del vecchio capitano delle guardie, — mi dicevate poco fa che sono oramai vent'anni che voi siete al servizio della regina?...
— Sì, è la verità, — rispose Guitaut.
— Ora, mio caro Guitaut, — continuò il cardinale, — rimarcai che oltre il vostro coraggio che nessuno vi contesta, e la vostra fedeltà che è a tutta prova, voi avete una ammirabile memoria.
— Voi avete notato questo, monsignore? — disse il capitano delle guardie; — diavolo; tanto peggio per me.
— Perchè mai ciò?
— Perchè, senza dubbio, una delle prime qualità del cortigiano è di saper dimenticare.
— Ma voi non siete un cortigiano, Guitaut, voi siete un soldato valoroso, uno di quei capitani come ne rimangono ancora alcuni dal tempo di re Enrico IV, i quali disgraziatamente scompariranno tosto.
— Canchero, monsignore! mi avete fatto venire da voi per cavarne il mio oroscopo?
— No, — rispose Mazarino sorridendo; — vi ho fatto venire per domandarvi se avete notato il nostro luogotenente dei moschettieri.
— Il signor d'Àrtagnan?
— Sì.
— Non ebbi bisogno di esaminarlo, monsignore, è molto tempo che lo conosco.
— Che uomo è?
— Ma, — disse Guitaut, sorpreso della domanda, — è un Guascone!