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— Parlo dell'avventura... Eh! voi sapete benissimo cosa voglio dire.
— Ohimè ! no, monsignore, — rispose d'Àrtagnan tutto stupito.
— Voi siete modesto, tanto meglio. Voglio parlare di quell'avventura della regina, di quelle spille, di quel viaggio, che voi avete intrapreso con tre dei vostri amici.
— Eh, eh, — pensò il Guascone, — questa è una trappola, teniamo duro.
E atteggiò i suoi lineamenti a una tal stupefazione che sarebbe stato invidiato da Mondori o Bellerose, i due migliori comici dell'epoca.
— Benissimo ! — disse Mazarino ridendo ; — bravo ! me l'avevano ben detto che voi eravate l'uomo che mi occorreva. Vediamo, che fareste voi per me?
— Tutto ciò che Vostra Eminenza m'ordinerà di fare, — disse d'Àrtagnan.
— Voi fareste per me ciò che avete fatto altre volte per una regina?
— Evidentemente, —disse tra sè d'Àrtagnan, — mi vogliono far parlare; lasciamolo fare. Non sarà mai' tanto astuto come Richelieu, diavolo!... Per una regina, monsignore; io non comprendo.
— Voi non comprendete che ho bisogno di voi e dei vostri tre amici?
— Di quali, monsignore?
— Dei vostri tre amici d'una volta.
— Una volta, monsignore, — rispose d'Àrtagnan, — io non aveva tre amici, ma cinquanta. A vent'anni tutti ci sono amici.
— Bene, bene, signor ufficiale, — disse Mazarino, — la prudenza è una bella cosa, ma ora potreste pentirvi d'essere stato troppo segreto.
— Monsignore, Pitagora faceva star zitti i suoi discepoli per cinque anni per far loro imparare a tacere.
— E voi siete rimasto in silenzio vent'anni, signore. Sono quindici anni in più di un filosofo pitagorico, e ciò mi sembra bastevole. Parlate dunque oggi, mentre la stessa regina vi scioglie dal vostro giuramento.
— La regina ! — disse d'Àrtagnan con uno stupore che questa volta non era simulato.
— Sì, la regina! e per provarvi ch'io vi parlo in suo nome, ella stessa mi disse di mostrarvi questo diamante