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affezionato e con cui possa intendermela per predisporre la
mia fuga.
— Via! via! — disse La Ramée, — non è male immaginato.
— Non vi pare? — riprese il principe; — per esempio, il servo di qualche onesto gentiluomo, nemico esso pure di Mazarino, come deve esserlo ogni gentiluomo.
— Silenzio ! monsignore, — disse La Ramée, — non parliamo di politica.
— Quando avrò quest'uomo presso di me, — continuò il duca, — per poco che quest'uomo sia abile ed abbia saputo destare fiducia al mio custode, questi si fiderà di lui, ed allora potrò avere notizie dal di fuori.
— In che modo notizie dal di fuori ?
— Oh! nulla di più facile, — rispose il duca; — per esempio giuocando alla palla.
— Giuocando alla palla? — chiese La Ramée, che incominciava a prestare la maggior attenzione al racconto del duca.
— Sì, ascoltate: mando una palla nel fossato; colà si trova un uomo che la raccoglie. La palla rinchiude una lettera; invece di rimandar la stessa palla che gli mandai dall'alto delle mura, me ne rimanda un'altra. Quest'altra palla contiene una lettera; così noi abbiamo scambiate le nostre idee, e nessuno s'è accorto di nulla.
— Diavolo! diavolo! — disse La Ramée, grattandosi l'orecchio, — avete fatto bene a dirmi questo, monsignore, così io sorveglierò i raccoglitori di palle.
Il duca sorrise.
— Ma, — continuò La Ramée, — tutto ciò alla fine dei conti non è che un mezzo di corrispondenza.
— È già molto, mi sembra.
— Ma non è sufficiente.
— Vi chieggo perdono. Per esempio, dico a' miei amici : trovatevi nel tal giorno, alla tal'ora dall'altro lato della fossa con due cavalli da sella.
— Benissimo ! e poscia ? — disse La Ramée con una certa inquietudine; — a meno che quei cavalli avessero delle ali per salire sulle mura e venirvi a prendere!
— Eh, mio Dio ! — rispose sbadatamente il principe, — non si tratta già che i cavalli abbiano ad avere le ali per salire sulle mura, ma basta che io abbia un mezzo per discendere.
— E quale?