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XXVII.
La strada maestra.
Corsero in tal modo per tutta la lunghezza del sobborgo Sant'Antonio e della strada di Vincennes; in breve tempo si trovarono fuori di città, nella foresta, in vista del vil-laggio.
I cavalli pareva s'animassero ad ogni passo sempre più, e le Ioto froge cominciavano ad arrossire come delle fornaci ardenti. D'Àrtagnan, cogli speroni nel ventre del suo cavallo, avanzava Porthos di oltre due piedi. Mousqueton li seguiva ad una data distanza. Venivano poscia le guardie, che camminavano a seconda del valore delle loro cavalcature. Dall'alto d'un'eminenza d'Àrtagnan vide un gruppo di persone fermate dall'altro lato della fossa, in faccia a quella parte di torre che guarda San Mauro. Comprese che era da quella parte che il prigioniero era fuggito e che da quella parte avrebbe potuto avere delle indicazioni. In cinque minuti era giunto a quella mèta, dove lo raggiunsero le guardie.
Tutte le persone che componevano quel gruppo erano molto occupate ; osservavano la corda pendente ancora dalle feritoie e rotta a venti passi dal suolo. I loro occhi misuravano l'altezza, indi facevano fra loro mille congetture. Sull'alto del bastione andavano e venivano sentinelle col-l'aria smarrita.
Un posto di soldati, comandati da un sergente, allontanava i borghesi dal luogo ove il duca era montato a cavallo. D'Àrtagnan spronò il cavallo verso il sergente.
— Mio ufficiale, — disse il sergente, — qui non si può fermarsi.
— Questa consegna non mi riguarda, — rispose d'Àrtagnan. — Hanno inseguiti i fuggitivi?
— Sì, mio ufficiale; ma sgraziatamente essi hanno delle buone cavalcature.
— In quanti sono ?
— Quattro persone valide e la quinta invalida che hanno trasportata ferita.